Due narrazioni si alternano, capitolo dopo capitolo, specchiandosi l’una nell’altra. Quella di un padre, Mohamed, e un figlio, Shady, che si ritrovano, dopo lunghi silenzi, in seguito al vuoto lasciato dalla morte prematura di una moglie e una madre.
In mezzo, la Siria e la tragedia del suo popolo. Paese bellissimo ma ricco di contraddizioni e di «cortocircuiti tra potere, libertà e assurdità», trasformatosi in terra da cui fuggire per salvarsi, per Mohamed. “Casa” fortemente desiderata per ritrovare sé stesso e le proprie radici – ma inaccessibile – per Shady.
Mohamed (78enne) racconta una vita avventurosa, iniziata a Talkalakh (piccolo paese sulle colline al confine con il Libano), e dipanatasi tra Siria, Kuwait, Iraq, Libano, Spagna, Italia, prima a Lucca e poi a Milano. Una vita composta da militanza politica, arresti, esilio, fughe, partenze, persino un cambio d’identità. E un “buco nero” del quale fatica a parlare: la tortura subìta, ventenne, in un carcere siriano. Poi i mille viaggi di lavoro, la creazione di una nuova famiglia, l’impegno politico a Sesto San Giovanni, il costante dialogo con i cristiani, eredità della sua tradizione familiare. Infine, oggi, da pensionato, il volontariato con il Touring Club come guida turistica per chiese e monumenti milanesi. Il mondo diventa casa sua, afferma, «altrimenti non si sopravvive alla mancanza».
Shady – 33enne figlio di due mondi, quello siriano e quello italiano – narra invece il suo percorso identitario e una costante, spasmodica, ricerca di risposte. Sempre nel tentativo di comporre i pezzi che formano la sua vita: il rapporto con la lingua e la cultura araba, il dialogo tra le religioni, la conoscenza del passato della famiglia paterna.
A vent’anni, dopo la morte della madre, compie un viaggio in Siria per scoprire innanzitutto sé stesso. Tornato in Italia, si dedica all’attivismo, alla scrittura come autore di articoli e libri, alla partecipazione a eventi e dibattiti pubblici, a manifestazioni di piazza, per far conoscere – e riconoscere – il più possibile il dramma del popolo siriano, delle politiche e interessi internazionali che lo determinano. A Milano, si scontra però di continuo con i problemi che sono di un’intera generazione: il precariato, l’assenza di lavoro e un futuro incerto. Quindi la scelta di partire per Londra.
Le vicende di Mohamed e di Shady s’intrecciano, a loro volta, con quelle della Storia. Così il lettore segue con partecipazione il sogno, poi svanito, delle cosiddette “primavere arabe”, il senso di frustrazione e impotenza di fronte alla catastrofe della guerra e delle sue atrocità («Non si conosce con esattezza il numero delle vittime di questa guerra. Le stime vanno dai trecentocinquantamila al mezzo milione di morti, mentre sono oltre cinque milioni i rifugiati siriani»), le ondate di rifugiati siriani che transitano alla stazione Centrale di Milano, interrogando un’intera città e attivando un grande movimento di solidarietà.
Il racconto si chiude con una nuova vita. È quella di Matilde Leila, la figlia di Shady e Nadia, nata a Londra, a sua volta figlia di culture e mondi diversi che s’intersecano. Con lei la possibilità di guardare al domani, lasciando i ricordi in un angolo e vivendo in pienezza l’oggi. Per lei l’augurio di non aver paura se un giorno dovrà partire, perché «la sua casa sarà sempre dove sarà lei. La sua Siria, che è quella di suo padre e di suo nonno, potrà trovarla ovunque lo vorrà e spero possa essere davvero grande come il mondo».
Una storia coinvolgente, che ha il pregio di avvicinare, con immediatezza e semplicità, a una tragedia incessante, da un lato, e valorizzare – pur senza tacere le ombre della nostra società – «un’Italia possibile», fatta di cittadinanza attiva, solidarietà, partecipazione.
Mohamed e Shady Hamadi
La nostra Siria grande come il mondo
add editore, 2021
pp. 160 – 16,00 euro