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Rita Boulos, prima sindaca araba dell’Oasi di pace

Giulia Ceccutti
13 maggio 2021
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Dal 10 marzo scorso guida, nella veste di sindaca, il Villaggio di Neve Shalom Wahat al Salam, nel quale vive da oltre trent'anni. Rita Boulos ci racconta presente e futuro di un'oasi di dialogo e pace tra ebrei e arabi in Israele.


Sorriso cordiale, un inglese ben comprensibile, modi gentili e idee chiare, Rita Boulos è stata a lungo, ed è tuttora, direttrice del Centro visitatori del Villaggio di Neve Shalom Wahat al Salam, oggi l’unica comunità in Israele in cui famiglie ebree e arabe con cittadinanza israeliana, attualmente una settantina, vivono insieme per scelta. Da poco è anche la nuova sindaca della comunità, eletta all’unanimità il 10 marzo scorso.

Chi ha visitato negli ultimi anni il Villaggio molto probabilmente l’ha incontrata. Anzi l’ha avuta come guida durante il giro tra le case e le istituzioni educative (la scuola primaria bilingue, la Scuola per la pace, il Centro spirituale con Dumìa-Sakinah, la Cupola del silenzio, il Giardino dei giusti…). E magari le ha posto domande su quel villaggio così controcorrente, nel contesto del Paese. Passeggiando tra le sue strade, infatti, è inevitabile rimanere per un attimo stupiti alla vista di ebrei e arabi che abitano fianco a fianco scegliendo, ogni giorno, di condividere tutto – a partire dall’educazione dei figli – in una prospettiva di parità e rispetto reciproco.

A Rita abbiamo chiesto di raccontarci la situazione oggi al Villaggio, le ragioni della sua candidatura e gli obiettivi che, insieme ai suoi collaboratori, intende perseguire.

Giorni molto difficili

Rita premette di essersi proposta per questo ruolo «spinta dalla preoccupazione per il difficile momento che il Villaggio sta attraversando». La comunità, spiega, viene da un anno particolarmente difficile, a causa dei due attacchi incendiari alla sua Scuola per la pace e della pandemia, che ha lasciato, anche qui, pesanti conseguenze economiche. «Vorrei fare del mio meglio per migliorare le cose», continua.

Negli ultimi tempi, stavano tornando timidi segnali di normalità, con la riapertura della scuola in presenza, il riprendere delle attività del Nadi (il club dei giovani), l’accoglienza di gruppi di visitatori israeliani, la prospettiva di riaprire l’hotel. Ora però la drammatica ondata di violenza degli ultimi giorni si sta avvertendo anche qui.

Dal 12 maggio la scuola primaria (frequentata al 90 per cento da bambini che abitano in città e villaggi vicini) è chiusa – come tutte nell’area – per il possibile rischio che piovano missili. «Anche se finora – racconta Rita – la sirena del Villaggio non ha mai suonato, il che significa che non siamo ancora stati in pericolo diretto, non significa che non abbiamo paura, perché tutti noi abbiamo persone care nei luoghi che sono stati colpiti». E aggiunge: «Tutti qui sono rattristati e arrabbiati per questo ennesimo scoppio di violenza, che è solo l’ultimo risultato di tensioni prolungate destinate a scoppiare a causa dell’assenza di una soluzione politica e integrale. Condanniamo la violenza da entrambe le parti e chiediamo la cessazione immediata della violenza e che la pressione internazionale si faccia sentire per ottenere al più presto il cessate il fuoco».

La prima sindaca araba

Rita è la prima palestinese a ricoprire il ruolo di sindaco in tutta la storia del Villaggio. La comunità, lo ricordiamo, è nata da un’intuizione del domenicano Bruno Hussar, all’inizio degli anni Settanta. Prima di Rita, solo un’altra donna, Dorit Shippin, ebrea, era stata sindaca.

«Per il Villaggio – commenta – eleggere una donna palestinese come leader è un passo molto importante verso l’uguaglianza e il cambiamento. In Israele, poche donne sono sindaco o a capo di un consiglio, e di sicuro nessuna di queste è araba… Forse possiamo dare un esempio positivo».

Rita – quattro figli e quattro nipotini – è cresciuta nella vicina Lod, ha studiato letteratura inglese ed ebraica all’Università di Haifa e abita al Villaggio dal 1989. All’epoca, le famiglie erano solo quattordici. «L’“Oasi di pace” (questo il significato del nome, in ebraico e arabo – ndr) è casa mia, ci ho abitato per la metà dei miei anni», commenta. «Voglio che il suo modello di convivenza abbia successo, mi piacerebbe vederlo crescere e avere un impatto reale su questo Paese».

Nell’agenda del nuovo consiglio

Insieme a Rita, è stato eletto il nuovo consiglio comunale, composto in buona parte da giovani della seconda generazione, per metà ebrei e per metà palestinesi, e da membri delle nuove famiglie, da poco trasferitesi al Villaggio. Il mandato, per tutti, è di due anni, e le cariche sono assunte su base volontaria.

Il consiglio si riunisce con cadenza settimanale, per affrontare le questioni più urgenti e rilevanti che interessano la vita quotidiana degli abitanti: dalle nuove case in costruzione alle strade e infrastrutture, dai lavori di rinnovo dell’Hotel, chiuso per mesi a causa della pandemia, alle tasse. Ma non solo.

Il bisogno di nuovi spazi

La nuova squadra ha già iniziato a lavorare sulle questioni più urgenti e difficili. La prima è il piano, già in atto, di espansione del Villaggio verso sud e verso nord. «Stiamo supervisionando il progetto, cercando di farlo procedere in tempi rapidi, in modo che le nuove famiglie possano iniziare presto la costruzione delle loro case», spiega Rita.

Poi c’è lo sforzo per ottenere nuove terre (sono centinaia le famiglie, ebree e arabe, in lista d’attesa per abitare qui): «Dovranno essere terreni privati – continua – dato che l’Israel Lands Administration non ci concede terre statali. Per questo, inizieremo presto delle trattative anche con i nostri amici del vicino monastero di Latrun».

Un’alternativa per il futuro

In cima agli altri obiettivi del mandato di Rita c’è la volontà di allargare il modello educativo bilingue e binazionale sperimentato, con successo, nella scuola elementare, con l’apertura di una scuola superiore. Parallelamente, la volontà di migliorare la comunicazione e di far crescere i legami tra i membri della comunità: «Voglio che le persone si sentano sempre più vicine. E che i nostri giovani siano ancora più attivi e coinvolti», aggiunge.

Il coraggio e la determinazione per andare avanti arrivano da alcune conferme: «Nonostante tutte le difficoltà, politiche e non, è confortante per noi vedere un aumento del numero di famiglie interessate ad abitare qui, e una crescita nel numero di genitori che intendono far studiare i propri figli nella nostra scuola, che negli ultimi anni ha aperto nuove classi. Questi segnali positivi ci danno la motivazione per proseguire con gli obiettivi che ci siamo dati per il prossimo futuro».

Rispetto a quando Rita è arrivata al Villaggio, la comunità oggi è dieci volte più grande. Ma la speranza che la anima è la stessa: «rappresentare in concreto un vero modello per cambiare la realtà delle relazioni tra arabi ed ebrei in questo Paese», conclude. Una necessità oggi quanto mai urgente.

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