(c.l./g.s.) – Dopo la preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro a mezzogiorno di domenica scorsa, 30 maggio, papa Francesco ha annunciato che il primo luglio prossimo incontrerà in Vaticano «i principali responsabili delle comunità cristiane presenti in Libano, per una giornata di riflessione sulla preoccupante situazione del Paese e per pregare insieme per il dono della pace e della stabilità». Bergoglio affida quella causa «all’intercessione della Madre di Dio, tanto venerata al Santuario di Harissa» (poco a nord di Beirut – ndr) e chiede a tutti di accompagnare «la preparazione di questo evento con la preghiera solidale, invocando per quell’amato Paese un futuro più sereno».
Per il momento il Vaticano non ha ancora reso noto chi attornierà il Papa quel primo giovedì di luglio.
Il sostegno incrollabile del Papa
Già il 27 aprile scorso, papa Francesco aveva affermato, in una lettera indirizzata al presidente libanese Michel Aoun, che «il Libano non può perdere la sua identità, né quell’esperienza del vivere insieme fraterno, che lo rende un messaggio per il mondo intero». Il primo ministro incaricato Saad Hariri, dopo essere stato ricevuto in udienza privata in Vaticano il 22 aprile scorso, aveva reso noto che il Papa gli ha espresso il desiderio di recarsi in Libano una volta che sarà entrato in carica il nuovo governo (in cantiere dall’estate scorsa, ma senza frutti, per il persistere di veti incrociati tra i politici). Un desiderio, quello di recarsi a Beirut, che Francesco stesso aveva comunicato ai giornalisti durante la conferenza stampa sull’aereo che lo riportava a Roma da Baghdad ai primi di marzo.
In tempi recenti Bergoglio ha più volte attirato l’attenzione del mondo sul Libano. Ultimamente lo ha fatto nel discorso che a Pasqua precede la benedizione del Papa alla città di Roma e al mondo (urbi et orbi), il 4 aprile scorso, e in un passaggio dell’allocuzione al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede l’8 febbraio di quest’anno.
Un Paese allo sbando
Nell’ultimo biennio il Libano conosce una crisi sociale, politica e istituzionale gravissima. L’economia è a pezzi e il Paese è nel suo momento più buio dopo la guerra civile che lo stravolse tra il 1975 e il 1990. La devastante esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto 2020 – la cui onda d’urto ha danneggiato moltissimi edifici della capitale – e la pandemia del Covid-19 hanno ulteriormente aggravato i problemi. Il popolo è disgustato dalla classe dirigente; i prezzi sono alle stelle; il tasso di disoccupazione continua a crescere e oltre metà della popolazione vive ormai al di sotto della soglia di povertà, secondo i dati delle Nazioni Unite.
Dal canto suo il patriarca maronita, cardinal Beshara Rai, non si stanca di chiedere a gran voce la convocazione di una speciale conferenza internazionale per salvare il Libano.