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«La stampa è il nostro più bell’ornamento»

Arianna Leonetti *
18 maggio 2021
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«La stampa è il nostro più bell’ornamento»
La tipografia francescana di Gerusalemme in uno scatto dall'alto nel 1960 circa. (foto Archivio storico Cts)

La nascita della Franciscan Printing Press di Gerusalemme risale alla metà dell’Ottocento. Grazie alla sua fondazione, in Terra Santa vide la luce un’edizione in arabo del Catechismo di san Roberto Bellarmino. Nella tipografia francescana, dal 1921, è stata stampata per decenni anche la rivista La Terra Santa in varie lingue.


È una storia lunga più di un secolo e mezzo, quella della tipografia francescana di Gerusalemme. Una storia di grande tenacia e perseveranza, di smisurato spirito missionario, di caritatevole abnegazione e umana fratellanza. Nata nel 1847 nel cuore della parte più antica della Città Santa, avvolta nel solido abbraccio delle candide mura fatte costruire da Solimano il Magnifico nel XVI secolo, la Franciscan Printing Press – questo il suo nome, dai tempi del mandato britannico in Palestina – si è da subito configurata come una delle iniziative culturali più significative e longeve di tutta la Terra Santa.

Per quattro secoli i frati gerosolimitani avevano ardentemente desiderato un torchio e tutto il necessario per provvedere – in autonomia – alla stampa di piccoli volumetti da distribuire gratuitamente a scuole e seminari di Terra Santa. Per quattro secoli (e precisamente dal 1455, dall’invenzione di Gutenberg in avanti) dovettero assistere al fallimento delle proprie aspettative, sia a causa di una perenne carenza di denaro dalle casse custodiali, sia per il susseguirsi di governi meschini e illiberali che rendevano impossibile la fioritura della stampa nel Levante. A un tratto, due casi tanto fortunati quanto fortuiti: prima, l’ascesa alla Sublime Porta di Abdülmecid I (1823- 1861), un sultano «illuminato», influenzato dagli ideali egualitari della Rivoluzione francese, che garantì a tutti i suoi sudditi parità di diritti e di libertà personali, indipendentemente da nazionalità e religione; poi, l’arrivo di una consistente donazione (in denaro e merci tipografiche) del Commissariato di Terra Santa in Vienna.

Ecco, allora, che nel luglio 1846, giunsero dall’Austria a Gerusalemme un piccolo torchio in ghisa, un po’ di caratteri, qualche risma di carta e un frate tipografo.

«Tutti i libri che non saranno di cinque mezzi fogli si dovranno distribuire ai ricchi con pagamento, ai poveri gratuitamente; e ciò anche riguardo ai Cattolici di altri riti, purché secondo il giudizio del Direttore, non ne scarseggi la stamperia per le urgenti dispense della S. Custodia», recitava perentoriamente il regolamento della neonata stamperia.

Nel gennaio 1847 si licenziava un’edizione del Catechismo di san Roberto Bellarmino, un Catechismo in arabo ed in italiano ad uso de’ fedeli di Terra Santa. «Cristiano lettore – scriveva il padre tipografo nell’introduzione – il catechismo arabo-italico, che esce in luce dalla nostra tipografia, è lo stesso che la Propaganda pubblicò nel 1642 (eccetto che ne abbiamo qua e là toccata la parte italiana un po’ scorretta nella lingua, ed emendata l’araba in fatto di ortografia sopra una novissima edizione della Propaganda medesima).

Le cure non poche da noi impiegate in tal lavoro: cure fatte più gravi dall’esser noi qua soli e nuovi nell’arte tipografica, faccia Dio, vengano da te ricompensate con una santa premura di giovartene per lo tuo migliore».

Era il primo volume stampato in arabo a caratteri mobili in tutta la Palestina. Non era certo una prova di eleganza o ricercatezza tipografica, ma stampare in arabo a caratteri mobili significava andare incontro a grandi e gravi difficoltà tecniche. E il fatto di essere gli unici a farlo, nell’arco di centinaia di chilometri, servendosi solamente di personale del posto, rendeva il tutto – se possibile – ancora più complicato. La stampa in arabo era, per i frati minori della Custodia di Terra Santa, una prova fondamentale e inderogabile, dettata dalla necessità di provvedere in completa autonomia al necessario per le loro scuole e per i fedeli cristiani arabofoni.

«Quello che non può la viva voce del Precettore nei ginnasj, del Missionario nelle caratteristiche istruzioni, nei sermoni, dalla cattedra di penitenza – scriva il Padre Custode fra Bernardino Trionfetti nel 1850 – lo può benissimo la stampa. Sì, la stampa c’è sommamente utile; la stampa è il nostro più bello ornamento, né v’ha forestiere che non ami visitarla, e segni non dia di compiacenza, e noi non menzioni con onore».

Con l’aumento degli istituti di istruzione (grazie, ancora una volta, al moto riformistico dell’Impero Ottomano) nell’ultimo quarto dell’Ottocento, erano incrementati anche i volumi produttivi della tipografia francescana: in breve tempo, la Franciscan Printing Press, partita come esperimento velleitario con basi non proprio solidissime, era diventata un’officina di tutto rispetto, in grado di sopravvivere ai grandi sconvolgimenti politici (dalla Sublime Porta ai Giovani Turchi, passando poi al protettorato britannico della Palestina e al conflitto arabo-israeliano) che interessavano un territorio non facile e neanche felice. Anzi, è riuscita a sopravvivere, decorosamente, finanziandosi con le stampe commissionate da privati e non, trasformando la propria attività – tra il XIX e il XX secolo – da artigianato a industria.

Nel 1921 riusciva così a dare alle stampe il primo numero della rivista La Terra Santa (e subito dopo L’Almanacco di Terra Santa). A distanza di poco tempo, nel 1927, nascevano anche le edizioni dello Studium Biblicum Franciscanum, con pubblicazioni di fondamentale importanza per la ricerca archeologica-religiosa dei Luoghi Santi. Passi importanti.

Segnali di una vera e propria svolta, con il passaggio da tipografia a casa editrice.

Della Franciscan Printing Press sono stati salvati e conservati una mole amplissima di documenti d’epoca (consultabili presso l’Archivio storico custodiale) e la quasi totale produzione editoriale, insieme a una buona quantità di materiale tipografico (come torchi, macchine da stampa automatiche, strumenti da legatoria, oltre che caratteri in diverse lingue e alfabeti, punzoni, cliché…). La Biblioteca generale della Custodia di Terra Santa, diretta oggi da fra Lionel Goh, ha costituito un fondo apposito, il Fondo FPP, tra gli scaffali del suo patrimonio più antico e prezioso. Un fondo pieno di perle rare sia per la storia della Provincia d’Oltremare sia, più in generale, per quella della stampa, come dimostra la recente pubblicazione del bel cataloghino The Printer’s Small Library (reperibile oggi su www.bibliothecaterraesanctae.org), nato dalla collaborazione di giovani studiosi nell’ambito del progetto Libri Ponti di Pace, che mira a valorizzare il patrimonio culturale custodiale, promuovendo il dialogo interreligioso.

Questa è insomma la lunga storia di una realtà buona e benefica, che ancora oggi esiste (e resiste, non più a San Salvatore, ma a Betfage, a est di Gerusalemme) mantenendo in vita, orgogliosamente, un’eredità di più di 170 anni.

* Centro di ricerca Europeo libro, editoria, biblioteca (Creleb)
Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano

Terrasanta 3/2021
Maggio-Giugno 2021

Terrasanta 3/2021

Il sommario dei temi toccati nel numero di maggio-giugno 2021 di Terrasanta su carta. Il dossier nelle 16 pagine centrali è dedicato a sant'Antonio di Padova, il santo francescano amatissimo tra i cattolici di tutto il mondo. Buona lettura!

L’impronta di Antonio
di AA.VV.

L’impronta di Antonio

Sant'Antonio di Padova – amatissimo dai fedeli cattolici in tutto il mondo – non incarna un’altra forma di francescanesimo rispetto a quello di san Francesco d'Assisi. Introduce piuttosto una «provvidenziale contaminazione».

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