(c.l./f.p.) – Dal 10 maggio sono stati uccisi 201 palestinesi a Gaza, compresi 58 bambini, altri 17 in Cisgiordania, e dieci israeliani, di cui due bambini. Questo dall’inizio dei raid di rappresaglia israeliani contro i razzi di Hamas, in risposta alle violenze a Gerusalemme nelle ultime settimane.
In questo quadro, proteste e rivolte si sono diffuse e intensificate negli ultimi giorni in tutto Israele, specialmente nelle città con una forte componente palestinese. La minoranza dei palestinesi con cittadinanza israeliana, che rappresentano il 20 per cento della popolazione del Paese, discende principalmente dai palestinesi rimasti in Israele dopo la creazione dello Stato ebraico nel 1948. La maggior parte di questi israelo-palestinesi si sente vicina ai palestinesi di Cisgiordania e Gaza. Nell’ultima settimana, manifestanti israelo-palestinesi sono stati attaccati da ebrei nazionalisti ed ebrei sono stati aggrediti da israelo-palestinesi in rivolta e le loro proprietà sono state vandalizzate.
Nei Territori palestinesi ci sono stati scontri tra palestinesi e le forze armate israeliane all’ingresso della città di Ramallah, in Cisgiordania, vicino all’insediamento ebraico di Beit El, e al checkpoint di Qalandia presso la stessa città. Sono scoppiati anche scontri tra l’esercito israeliano e palestinesi nella città di Hebron.
Un preoccupante fronte interno
Lod, che si trova 45 chilometri a nord-ovest di Gerusalemme e nei pressi dell’aeroporto internazionale Ben Gurion, dove i voli sono sospesi, è stata una delle città più colpite dalle violenze comunitarie in Israele. Più di un terzo dei suoi 80mila residenti sono cittadini palestinesi con cittadinanza israeliana. I primi scontri sono scoppiati nella notte tra l’11 e il 12 maggio. Secondo il quotidiano Times of Israel, tre sinagoghe, numerose attività commerciali e dozzine di automobili sono state date incendiate. Anche un cimitero musulmano è stato dato alle fiamme.
Il sindaco della città ha dichiarato che anche il municipio e un museo locale erano stati attaccati: «Siamo sull’orlo della guerra civile – ha deplorato sulle colonne del quotidiano all’indomani delle rivolte –. Decenni di convivenza tra ebrei e palestinesi cittadini di Israele in questa città mista sono andati in pezzi».
La situazione ha cominciato a peggiorare tra i giovani israelo-palestinesi e gruppi ebrei estremisti della città, dopo la morte di un palestinese, cittadino israeliano, ucciso a colpi di arma da fuoco da un residente ebreo, a margine di una violenta protesta. Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha condannato le rivolte di Lod, definendole un pogrom. Lo stesso giorno il primo ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato nella città lo stato di emergenza.
Mercoledì 12 la televisione israeliana ha diffuso le immagini di un gruppo ebraico di estrema destra che lincia un uomo – probabilmente solo perché arabo –, dopo aver fermato la sua macchina e averlo lasciato privo di sensi e sanguinante in una strada di Bat Yam, vicino a Tel Aviv. Poco prima dell’incidente, i video che circolavano su Internet mostravano decine di persone che gridavano «Morte agli arabi».
Altre violenze tra ebrei e palestinesi con cittadinanza israeliana sono esplose negli ultimi giorni anche in diverse altre città del Paese, come Haifa, Jaffa, Ramle, Kafr Qasim, a Jisr az-Zarqa, Hadera, nel Wadi Ara e in centri vicino a Cesarea. A San Giovanni d’Acri alcuni israelo-palestinesi per ore hanno smontato il negozio di un ebreo e alla fine lo hanno bruciato.
La voce di uno dei rabbini capo
Il rabbino capo sefardita di Israele, Yitzhak Yosef, ha chiesto la fine degli attacchi commessi dagli ebrei: «Cittadini innocenti sono attaccati da organizzazioni terroristiche, i cuori sono pesanti e le immagini dure, ma non possiamo lasciarci trascinare da provocazioni e assalti», ha affermato. «I rivoltosi a Lod e Acri non rappresentano i cittadini palestinesi di Israele, i rivoltosi di Bat Yam (…) non rappresentano gli ebrei israeliani, la violenza non determinerà le nostre vite», ha detto il leader dell’opposizione Yair Lapid, che sta cercando di formare una coalizione di unità nazionale.
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Da parte sua, Netanyahu ha osservato in un comunicato che «quanto sta accadendo negli ultimi giorni nelle città di Israele è insopportabile (…). Nulla giustifica il linciaggio di arabi da parte di ebrei e nulla giustifica il linciaggio di ebrei da parte di arabi». Il ministro della Difesa, Benny Gantz, ha ordinato il dispiegamento di dieci compagnie di riserva della polizia di frontiera per sostenere gli sforzi della polizia nelle porre fine agli scontri nelle città «miste» di tutto il Paese. A Lod, San Giovanni d’Acri, Haifa, Tel Aviv-Giaffa, politici locali arabi ed ebrei hanno lanciato un appello comune per ristabilire la calma.