Inizio del Ramadan davvero amaro per la maggior parte dei profughi di religione musulmana presenti nell’ex mattatoio di Rodi (Grecia), uno dei campi profughi informali dove soggiornano oltre duecento tra giovani, donne e anche minori non accompagnati. Nella sera di martedì 13 aprile è iniziato il digiuno islamico (che durerà quest’anno fino al 12 maggio) e che coincide con il nono mese del calendario lunare. Ma non è stata per nulla una festa.
«Ci siamo recati al vecchio mattatoio coi dolci tradizionali arabi per augurare ai nostri amici profughi un buon inizio del Ramadan. Avevamo anche farmaci di cui molti di loro hanno bisogno. Che spettacolo pietoso ci ha accolti!». A raccontare l’episodio è padre John Luke Gregory, frate minore della Custodia di Terra Santa impegnato con alcuni confratelli a Rodi e Kos nel sostegno e nell’accoglienza dei profughi in fuga dal Medio Oriente in guerra.
«Abbiamo trovato una forte presenza di polizia e c’erano i bulldozer che stavano distruggendo le piccole baracche che i profughi avevano costruito! Molti sono stati caricati sugli autobus e portati al porto per essere trasferiti in traghetto al Centro per rifugiati a Coo/Kos (uno dei più grandi hot-spot del Mediterraneo, che è arrivato ad ospitare anche 30 mila persone – ndr). Padre Ayman ed io ci siamo recati al molo dei traghetti e li abbiamo visti arrivare in autobus. Quando i profughi mi hanno visto hanno cominciato a chiamarci ed i bambini gridavano: “Baba, baba aiutaci!” È stato orribile».
Il campo informale nell’ex macello di Rodi esiste ormai da anni ed è stato a lungo ignorato dalle autorità e dagli organismi internazionali. Quasi quotidianamente fra John Luke si è recato in quella sorta di limbo per portare aiuto e assistenza. Oltre ai rifugiati dal Medio Oriente, da Rodi transitano anche profughi da diversi Paesi africani, ma anche afghani e iracheni… Insomma, un universo di uomini e donne che cercano in Europa un’occasione di vita migliore. Molti di loro avrebbero diritto all’asilo, ma solo pochi riescono ad accedere alle pratiche necessarie per ottenerlo.
>>> Leggi anche Bambini e rifugiati, la voce di fra Luke dall’Egeo
La testimonianza di fra John Luke ci aiuta a cogliere il dramma che si compie nelle isole dell’Egeo, dove spesso la polizia greca opera al limite della legalità e con metodi certamente poco rispettosi del diritti umani. «La polizia era in gran numero e con le pistole circondava gli autobus; hanno fatto salire i profughi sul traghetto e ci hanno intimato di andare via! Sembrava di essere in uno di quei film della Seconda guerra mondiale, quando si mostrano scene di deportazione. Ma non tutti sono stati presi e trasferiti. C’è chi è riuscito a scappare. Ne abbiamo trovato uno, Omar dall’Iraq… Alcuni dei fuggiaschi, fortunatamente, ha ottenuto l’asilo».
Adesso che il campo infornale di Rodi è vuoto e restano solo le macerie delle baracche e cumuli di immondizia e di effetti personali, la preoccupazione è relativa alla sorte delle tante persone che vi avevano trovato rifugio. Qualcuno teme che possano essere riportati anche in Turchia…
«Ho contattato le autorità – spiega ancora fra John Luke – per vedere se possiamo vedere i profughi nel campo di Coo/Kos il prima possibile e per discutere come possiamo aiutarli. Non appena avrò notizie, salperò per Coo/Kos per vederli, se mi sarà permesso di visitarli, e accertarmi del modo migliore per aiutarli».
Con alcune famiglie, specie quelle con bambini, la parrocchia latina di Rodi aveva già avviato programmi di assistenza. «Alcuni nuclei familiari eravamo già riusciti a ospirarli in diverse case a Rodi e ci prendevamo cura di loro come parrocchia. Cercheremo di aiutare anche gli altri che si trovano sull’isola. Intanto aspetto notizie sulla sorte di coloro che sono stati trasferiti a Coo/Kos. Sono molto in ansia. Sembra che all’arrivo a Coo/Kos siano stati messi in enormi container senza coperte e letteralmente rinchiusi per la notte. Dio ci aiuti! Dio li aiuti! Per favore pregate per noi».