L’anno spartiacque del 1979 con la Rivoluzione che riuscì a separare «i due gemelli iraniani», il bazar e la moschea, assai più di quanto non fosse avvenuto nel 1953 con l’operazione Ajax che destituì Mohammed Mossadeq; il proiettile sparato la sera del 4 novembre 1995 non solo contro Yitzhak Rabin ma al cuore di un processo diplomatico intrapreso da un governo democraticamente eletto; l’ascesa di movimenti politici di ispirazione islamica quali Ennahda in Tunisia e i Fratelli musulmani in Egitto come reazione alle politiche di «aggiustamento strutturale» introdotte nei primi anni Novanta dalla Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale che hanno finito per aumentare le disparità economiche e sociali, com’è risultato evidente nel 2011 con le rivolte del «rancore arabo». Dietro alcuni dei fili che compongono la trama degli ultimi decenni in Medio Oriente si cela l’ordito di un «passato che non è passato» e i riverberi dell’influenza di quelle potenze straniere che non hanno smesso di avanzare pretese sull’area neppure dopo la decolonizzazione. Solo inforcando un nuovo paio di occhiali sui percorsi che hanno condotto fin qui i Paesi emersi dalle ceneri dell’Impero ottomano e degli imperi coloniali si può tentare di capire perché questa regione del mondo non trovi ancora oggi stabilità e benessere, osserva Lorenzo Kamel in Ripensare la storia. Prospettive post eurocentriche (Le Monnier 2021).
L’eredità del colonialismo
Contrariamente a quanto asserito da accademici e giornalisti, rimarca Kamel, non c’è ragione di ritenere che solo in Europa siano nati «il pensiero critico, la libertà di ricerca, la scienza sperimentale, la laicità della cultura e della politica, la sovranità del popolo, la tutela degli anziani» e molti altri fenomeni spesso inclusi nella mondialità europea che sono in realtà «propri di una complessa storia umana scritta e plasmata in gran parte lontano dal Vecchio Continente». Così come non è pensabile che solo all’Europa occidentale appartenesse la «curiosità intellettuale» di studiare altre culture, come sostenne negli anni Ottanta il grande storico britannico Bernard Lewis. Dalla tratta degli schiavi alle conseguenze del colonialismo, Kamel tenta anzi di gettare luce sui multidimensionali processi di semplificazione e di «accumulazione» che hanno interessato le narrative europee sulla storia di molti Paesi africani, creando le condizioni che hanno portato al sottosviluppo del continente e alla sua dipendenza dalle risorse estrattive.
La sottovalutazione dei nazionalismi arabi
Non meno pervasiva è stata la propaganda delle grandi potenze sulle frontiere «artificiose» in Medio Oriente (un’area del mondo definita dalla prospettiva di chi risiede sulle sponde dell’Atlantico). Se ne è molto parlato dall’avvio della Guerra al terrore di Bush nel 2001, in seguito al quale gli attacchi terroristici sono aumentati del 6.500 per cento (la metà ha avuto come teatri l’Iraq e l’Afghanistan). Ma la presunta artificiosità di popoli e Paesi incapaci di autodeterminare il proprio presente e futuro sin dalla fine della Grande guerra è stato il più efficace escamotage utilizzato da Francia e Gran Bretagna per opporsi alle crescenti rivendicazioni provenienti dalla regione, come si vide nella grande rivolta irachena del 1920 e nei tentativi dei nazionalisti siriani, libanesi e palestinesi di opporsi al sionismo. La tracciatura dei confini delle nazioni arabe, rimarca Kamel, deve piuttosto ricercarsi nell’eredità del Trattato di Losanna (1922-23) e nella trasformazione di larga parte del Medio Oriente sulla base di criteri confessionali, come sarebbe risultato ancora più evidente con il patto non scritto che nel 1943 sancì l’indipendenza e la suddivisione delle cariche istituzionali del Libano.
«Decostruire il passato, ricomporre il presente»
Professore associato di Storia contemporanea all’Università di Torino, appena 41enne, l’autore ha insegnato in numerose università internazionali fra le quali l’università di Harvard, ha pubblicato ben sette monografie e vinto numerosi premi internazionali. Con questo breve e intenso saggio lussureggiante di citazioni di autori arabi, persiani, cinesi e africani, punta a «decostruire il passato» per «ricomporre il presente» anche offrendo ai lettori una bibliografia vastissima, tanto più originale quanto più è composta da titoli, studiosi e prospettive di ricerca relativamente noti in Italia. Un saggio di estremo interesse non solo per gli insegnanti, ma per chiunque voglia esplorare le radici dei processi di trasformazione che caratterizzano gran parte dei Paesi in via di sviluppo.
Lorenzo Kamel
Ripensare la Storia
Prospettive Post-Eurocentriche
Le Monnier, 2021
pp. XII-164 – 13,00 euro