In un rapporto pubblicato dall’organizzazione Malala Fund in occasione della Giornata della Terra (22 aprile) la stretta connessione fra istruzione femminile e salvaguardia del Creato.
Nariman, Iman, Rania hanno tra i 12 e i 15 anni, sono rifugiate siriane in Libano e affrontano un ostacolo dopo l’altro per continuare ad andare a scuola. «Sanno che lo studio è la loro unica possibilità per evitare il matrimonio precoce e avere la speranza di un futuro» spiega l’attivista Hiba Hamzi, leader dell’organizzazione non governativa Naba’s – Azioni di sviluppo senza confini, che si occupa di istruzione per i minori rifugiati, della sensibilizzazione dei genitori e dei leader religiosi verso i rischi dei matrimoni precoci e di campagne di comunicazione per portare a 18 anni l’età minima per contrarre matrimonio.
La piaga dei matrimoni precoci
Il Libano è il primo Paese al mondo per il numero di profughi in rapporto alla popolazione, con 156 profughi ogni mille abitanti (seguito dalla Giordania con 72; l’Italia ne ospita appena 5 ogni mille). Nel Paese dei Cedri sono sfollati oltre un milione di siriani (su un totale di 6,7 milioni di persone che hanno lasciato la Siria dal 2011) e il 41 per cento delle giovani siriane viene costretto a sposarsi dalle famiglie prima dei 18 anni. Ma quella dei matrimoni precoci, con conseguente esclusione dalla scuola e quindi dal mondo del lavoro, è una piaga che colpisce milioni di bambine in tutto il Medio Oriente e numerosi Paesi dell’Africa e dell’Asia. Anche per questo Hiba Hamzi è stata scelta come testimonial dal Malala Fund, il Fondo creato per l’accesso delle bambine all’istruzione dalla premio Nobel per la pace Malala Yousafzai, oggi 24enne, sopravvissuta nel 2012, in Pakistan, al tentativo di omicidio da parte dei talebani per la sua battaglia per lo studio.
«Un futuro più verde e più giusto»
Quella in Libano è solo una delle tante iniziative portate avanti nei Paesi in via di sviluppo dal Malala Fund, che in occasione della Giornata della Terra ha pubblicato un rapporto sullo stretto legame esistente fra aumento dell’educazione femminile e progressi nella custodia dell’ambiente. Nelle 42 pagine del rapporto Un futuro più verde, più giusto: perché i leader devono investire nell’istruzione femminile e nell’ambiente viene ricordato ancora una volta come il mondo sia sull’orlo di una catastrofe ambientale e come siano proprio le ragazze a sostenere in modo sproporzionato il peso di questa minaccia.
L’impatto dell’istruzione sull’ambiente
«Eppure – si legge nel rapporto – rendere effettivo il diritto di ogni bambina ad un ciclo di 12 anni di istruzione di qualità, gratuita e sicura offre l’opportunità non solo di resistere meglio e di adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche di ridurre la portata e l’impatto del surriscaldamento globale. Quando le ragazze vanno a scuola, infatti, apprendono le abilità necessarie per superare gli choc climatici, come le capacità afferenti al pensiero critico richieste per elaborare e reagire correttamente alle informazioni delle previsioni metereologiche. I Paesi che hanno investito nell’educazione femminile hanno subito molte meno perdite di vite umane da siccità e alluvioni dei Paesi con bassi livelli di istruzione femminile. È dimostrato che garantire le stesse opportunità educative a maschi e femmine rafforza i valori dell’uguaglianza nella società e nei rapporti fra i sessi e si rivela uno strumento potente nell’azione climatica, perché porta a sforzi di adattamento ai cambiamenti climatici più intensi, alla riduzione degli effetti delle emissioni dei gas serra, ad un minor consumo di carburanti fossili e ad una maggiore resilienza climatica nelle società e nelle comunità».
Clima, 4 milioni di bambine a rischio esclusione scolastica nel 2021
Si calcola che nel 2021 alluvioni, siccità ed aumentata esposizione a malattie zoonotiche e altre calamità naturali causate sul surriscaldamento impediranno ad almeno quattro milioni di bambine di Paesi a basso reddito di completare la loro istruzione: a questo ritmo, denuncia il rapporto, il cambiamento climatico sarà nel 2025 tra i fattori che impediranno ad almeno 12,5 milioni di ragazze di completare il ciclo scolastico. Il rapporto chiede che i leader mondiali si facciano carico delle richieste delle giovani in tutto il mondo. «Le azioni per l’ambiente contribuiscono alla permanenza a scuola delle bambine, e l’istruzione aiuta i Paesi ad affrontare la crisi climatica» ricorda Lucia Fry, che nel Malala Fund è responsabile del settore Ricerche e Analisi delle politiche.
Verso la Cop26 a Glasgow
Non si tratta solo, ricorda il rapporto, di fornire ai giovani la formazione che li preparerà ad adattarsi agli effetti del cambiamento climatico e a scardinarne le cause. Si tratta anche di indagare le origini della crisi e spiegare in che modo affrontare, attraverso l’istruzione, temi come l’eredità del colonialismo, la discriminazione razziale e l’ineguaglianza di genere per poi trovare soluzioni sostenibili alla crisi. L’appuntamento è per la prossima conferenza Onu sul clima, la Cop26 in programma a Glasgow dall’1 al 12 novembre prossimo, che verrà in qualche modo preparata dalla “Pre-Cop26 di Milano”. Dal 30 settembre al 2 ottobre è infatti in programma in Italia la riunione ministeriale di 40 Paesi che si tiene un mese prima della Conferenza mondiale, con l’obiettivo di offrire a Stati, organizzazioni internazionali e ong un confronto informale sugli aspetti politici chiave del vertice sul clima.