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Il trono di Giordania non vacilla, almeno per ora

Giuseppe Caffulli
7 aprile 2021
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Il trono di Giordania non vacilla, almeno per ora
Il principe Hamzah bin Hussein di Giordania.

Sembrano rientrate le tensioni dei giorni scorsi ai vertici del Regno hashemita. Dopo i timori di colpo di Stato, ad Amman il principe Hamzah, un tempo erede al trono, promette lealtà a re Abdallah, suo fratellastro. La Giordania resta cruciale per gli interessi occidentali in Medio Oriente.


La lettera firmata dal principe Hamzah e resa pubblica ieri dalla casa reale giordana, ha (almeno formalmente) il tono di una resa: «Mi metto a disposizione di Sua Maestà il Re. Rimarrò sempre il sostenitore di Sua Maestà il Re e del suo principe ereditario. L’interesse nazionale deve rimanere al di sopra di ogni altra cosa». Nella missiva, nella quale si ribadisce l’impegno a onorare «il patto degli antenati» (leggi il volere del padre Hussein circa la successione sul trono hashemita), il principe si dissocia da quello che appare a tutti gli effetti un «tentato golpe» che ha tenuto con il fiato sospeso, proprio nei giorni di Pasqua, le cancellerie di molti Paesi, specie occidentali. Ma anche Arabia Saudita, Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Unione europea. La Giordania resta, nel delicato scacchiere mediorientale, un irrinunciabile elemento di stabilità. Qualsiasi turbolenza dalle parti di Amman rischia di compromettere gli assetti regionali (anzitutto con Israele) e di rendere più deboli le azioni di contenimento delle mire jihadiste da una parte ed espansionistiche dell’Iran dall’altra.

Gli arresti del 3 aprile

Ma vediamo di ricapitolare i fatti. Sabato 3 aprile una ventina di persone sono state arrestate con l’accusa di aver partecipato alla preparazione di un colpo di Stato contro il re Abdallah II di Giordania. Tra le persone coinvolte, anche l’ex principe ereditario Hamzah bin Hussein, fratellastro del re. Nella stessa giornata di sabato, il principe ha diffuso un video spiegando di essere formalmente agli arresti domiciliari con l’accusa di aver avuto contatti con persone ostili alla monarchia. Tra queste anche Sharif Hasan (membro della famiglia reale) e l’influente ex ministro delle finanze Bassem Awadullah. Non ci sono però informazioni precise sull’indagine che ha portato agli arresti. Sempre ieri pomeriggio, non bastasse, il procuratore generale di Amman, Hassan Al-Abdallat, ha vietato la pubblicazione di ogni notizia attinente «alle indagini» dei servizi di sicurezza sul principe Hamzah e su «altri presunti golpisti», pena l’arresto.

La vicenda, al di là della reale volontà di Hamzah di detronizzare il fratellastro, si iscrive in una saga dinastica degna di una serie televisiva.

Abdallah II, l’attuale sovrano, e il principe Hamzah sono entrambi figli del defunto re Hussein (che ebbe quattro mogli). Dopo essere salito al trono nel 1999, Abdallah aveva nominato Hamzah principe ereditario, ma gli ha revocato il titolo cinque anni dopo, designando come erede al trono il figlio primogenito Hussein, avuto dalla principessa Rania. Le cronache raccontano di un rapporto tra i due «generalmente buono», ma il principe Hamzah non è nuovo a critiche contro le politiche del governo e più recentemente ha stretto legami con potenti leader beduini. Per chi conosce la realtà giordana, una mossa che appare come una vera e propria minaccia perché molti di questi capi tribali hanno ruoli di rilievo nell’esercito e nella polizia e molto peso nelle decisioni del re e del governo. In particolare, sembra che Hamzah avesse stretto una relazione molto stretta con Bassem Awadalla, rimosso dal ministero delle Finanze nel 2010 per motivi ancora da chiarire, e a sua volta accreditato come uno dei maggiori fan del principe ereditario saudita Mohammed bin Salman.

Le critiche del principe

Tra i «rilievi» avanzati da Hamzah al governo e alla casa reale, accuse di corruzione e crescente autoritarismo. Nel marzo scorso, per esempio, le manifestazioni per ricordare i dieci anni della Primavera araba sono state represse con la forza. A questo quadro si aggiunge la pesante crisi economica dovuta alla pandemia da coronavirus, che ha causato il crollo del turismo e ha portato il tasso di disoccupazione al 24 per cento. Dall’inizio della crisi sanitaria ad oggi i morti sono stati più di settemila, mentre i contagiati registrati ufficialmente 633 mila su una popolazione di circa 10 milioni. Insomma, in questa situazione appare facile cavalcare il malcontento che alberga in ogni strato della popolazione.

L’ondata di arresti di qualche giorno fa e la mediazione portata avanti dallo zio Hassan bin Talal (fratello del defunto re Hussein), sembrano aver per ora disinnescato la bomba. E dopo le tensioni tra Hamzah e re Abdallah II parrebbe scoppiata la pace.

«L’interesse nazionale – scrive nella già citata lettera il principe Hamzah – deve rimanere al di sopra di ogni altra cosa, e dobbiamo tutti sostenere Sua Maestà il Re nei suoi sforzi per salvaguardare la Giordania e i suoi interessi nazionali, e garantire il meglio per il popolo giordano, in conformità con l’eredità hashemita di dedizione al servizio della nazione e sostenendo il capo della famiglia e il capo della patria. Che Dio lo protegga».

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