Estremamente raro. «Per la prima volta in circa sessant’anni, scavi archeologici hanno portato alla luce frammenti di un rotolo della Bibbia», ha reso noto il 16 marzo l’Autorità israeliana per le antichità (Aia). L’istituzione definisce «storica» questa scoperta di una ventina di pezzi di pergamena che risalgono a 1.900 anni fa. Gli scavi sono stati effettuati durante un’operazione di salvataggio, iniziata nel 2017, allo scopo di prevenire il saccheggio di reperti antichi sulle pareti rocciose del deserto della Giudea. Secondo quanto riferisce l’Aia, finora sono stati studiati circa 80 chilometri di grotte, anche con l’impiego di droni per accedere a luoghi particolarmente inaccessibili.
Dalla casuale scoperta dei rotoli del Mar Morto nelle grotte di Qumran, avvenuta più di 70 anni fa da parte di pastori beduini, le grotte del deserto della Giudea sono state prese di mira da predoni di reperti antichi. D’altra parte, i 900 manoscritti del Mar Morto (III secolo a.C. – I secolo d.C.), molto ben conservati grazie alle condizioni climatiche della zona, sono considerati la più importante scoperta archeologica del Novecento, perché comprendono testi della Bibbia in ebraico, aramaico e greco, nonché la versione più antica dell’Antico Testamento mai trovata.
>>> Leggi anche: Svelati i segreti del penultimo manoscritto di Qumran <<<
I frammenti di cui si parla in questi giorni sono stati scoperti nella riserva di Nahal Hever, nella «grotta dell’orrore», circa 80 metri sotto la cima di una falesia, fiancheggiata da gole e accessibile solo calandosi lungo la ripida parete rocciosa. Qui trovarono riparo, quasi 1.900 anni fa, alcuni ebrei dopo la rivolta di Bar Kokhba (132-135 d.C.), la seconda rivolta ebraica contro l’Impero Romano nella provincia della Giudea. I pezzi di pergamena sono scritti in greco, perlopiù da due scribi. Solo il nome di Dio compare in caratteri paleo-ebraici, noti sin dai tempi del Primo Tempio di Gerusalemme, nel X secolo a.C.
I frammenti contengono parti del Libro dei 12 profeti minori, che comprende i libri di Zaccaria e Naum. I profeti minori erano così chiamati a causa delle dimensioni ridotte dei loro libri rispetto a quelli più lunghi dei grandi profeti. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, «è probabile che la nuova scoperta riveli una parte mancante di un rotolo dei profeti minori, scoperto nel 1952, che include la profezia di Michea sulla fine dei tempi e l’uscita di un dominatore da Betlemme».
Nuova luce sulla versione greca della Bibbia
Grazie all’équipe dell’Autorità per le antichità che si occupa dei manoscritti del Mar Morto, sono state ricostruite undici righe di testo. Inoltre, la traduzione greca di Zaccaria (8,16-17) si può leggere come segue: «Ecco ciò che voi dovrete fare: parlate con sincerità ciascuno con il suo prossimo; veraci e sereni siano i giudizi che terrete alle porte delle vostre città. Nessuno trami nel cuore il male contro il proprio fratello; non amate il giuramento falso, poiché io detesto tutto questo – oracolo del Signore». Su un altro frammento si possono decifrare i versetti del profeta Naum (1,5-6): «Davanti a lui tremano i monti, ondeggiano i colli; si leva la terra davanti a lui, il mondo e tutti i suoi abitanti. Davanti al suo sdegno chi può resistere e affrontare il furore della sua ira? La sua collera si spande come il fuoco e alla sua presenza le rupi si spezzano».
>>> Leggi anche: Frammenti dei rotoli del Mar Morto ancora sul mercato <<<
I ricercatori hanno notato differenze tra i frammenti scoperti e i tradizionali testi masoretici, cioè i testi ufficialmente in uso all’interno del giudaismo – prodotti da eruditi ebrei (detti masoreti) – che si sono fatti carico di trasmettere fedelmente la Bibbia dai primi secoli del cristianesimo fino al Medioevo. «Queste differenze possono dirci molto sulla trasmissione del testo biblico fino al tempo della rivolta Bar Kokhba, documentando i cambiamenti avvenuti nel corso del tempo fino a quando non si è giunti alla versione attuale», afferma l’Aia nel suo comunicato.
Come riferisce all’agenzia France Presse Oren Ableman, membro dell’équipe che si occupa dei rotoli del Mar Morto: «Invece della parola “porte”, presente in tutti gli altri frammenti, si trova la parola “strade”». Sono cambiamenti che «ancora non sappiamo spiegare completamente», ammette il ricercatore. Ma una cosa è certa, questa nuova scoperta «potrebbe consentire di approfondire la storia della traduzione in greco della Bibbia», secondo Yosef Garfinkel, che dirige l’Istituto archeologico dell’Università ebraica di Gerusalemme, citato dalla stessa agenzia.
Un bambino mummificato di seimila anni fa
Dello stesso periodo dei frammenti sono state trovate anche alcune monete, che riportano simboli ebraici tipici dell’epoca della rivolta di Bar Kokhba, come l’arpa e la palma da dattero. Gli archeologi hanno anche messo le mani su punte di freccia e lance, pezzi di stoffa, sandali e persino pettini per pidocchi che descrivono quali oggetti di uso quotidiano furono portati dagli ebrei nella fuga.
Un’altra scoperta segna, invece, un cambio di epoca. Gli archeologi hanno trovato nella stessa grotta anche uno scheletro di seimila anni fa, secondo la datazione con il carbonio-14. Per l’Aia, si tratta del corpo di un bambino o bambina. A quanto pare aveva un’età compresa tra i 6 e i 12 anni. Il suo corpo è stato ritrovato, rannicchiato in posizione fetale, con la testa e il petto avvolti in una coperta per un ultimo sonno. «Spostando due pietre piatte, abbiamo scoperto una fossa poco profonda scavata intenzionalmente al di sotto e contenente lo scheletro», ha detto Ronit Lupu, studioso di preistoria dell’Aia. «È ovvio – aggiunge – che chiunque abbia seppellito il bambino lo avesse avvolto mettendo i lembi della stoffa al di sotto, proprio come un genitore copre suo figlio con una coperta. Un fagotto di stoffa era stretto nelle mani del bambino». Per le condizioni climatiche della grotta, si è verificato un processo naturale di mummificazione. «La pelle, i tendini e persino i capelli sono stati parzialmente preservati, nonostante il passare del tempo», ha detto Ronit Lupu con una certa emozione.
Il canestro «più antico» del mondo
Un altro oggetto rinvenuto nelle grotte di Muraba’at, nella riserva di Nahal Darga, ha riportato gli archeologi ancora più indietro nel tempo, al periodo neolitico. È un grande cesto intrecciato con materiali vegetali, probabilmente canne, di 10.500 anni fa secondo la datazione al radiocarbonio, o circa mille anni prima della comparsa dei primi contenitori di ceramica conosciuti nella regione. «Per quanto ne sappiamo, si tratta del cestino più antico del mondo mai ritrovato intatto completamente, e perciò è di immensa importanza», ha affermato l’Aia. Il cesto è stato ritrovato con il suo coperchio. Sempre grazie alle alte temperature e all’estrema aridità della regione ha potuto conservarsi molto bene. Ma al momento gli archeologi non sanno per cosa sia stato utilizzato o per quale scopo sia stato riposto. Si affidano a «ricerche future su una piccola quantità di terreno rimasto all’interno».