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La Fratelli tutti in russo. Ecco perché

Fulvio Scaglione
10 marzo 2021
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Lo scorso 3 marzo è stata presentata a Mosca l'edizione russa dell'enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. La traduzione si deve ai musulmani di Russia ed è un altro passo avanti nel dialogo tra credenti. Vi sono, però, anche ragioni politiche da considerare. Scopriamole.


Passo dopo passo, papa Francesco costruisce una relazione tra il mondo cristiano e quello musulmano che ha pochissimi precedenti. Il documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune – firmato il 4 novembre del 2019 con Ahmed al-Tayyeb, grande imam della moschea sunnita di Al-Azhar (Il Cairo) durante la visita negli Emirati Arabi Uniti –, il recentissimo viaggio in Iraq con l’incontro con l’ayatollah sciita Al-Sistani, e tutta una serie di altri momenti hanno delineato un percorso che sta portando frutti anche laddove era meno prevedibile attenderli.

Mi riferisco alla Russia dove si è prodotto un risultato potenzialmente importante anche per il tormentato Medio Oriente. A Mosca, infatti, è stata appena presentata la traduzione russa di Fratelli tutti, la lettera enciclica del Papa pubblicata il 3 ottobre 2020. Già i tempi dell’iniziativa, rapidissimi, ci dicono qualcosa. Ma poi bisogna tener conto del fatto che la traduzione è stata curata e realizzata da un team scientifico del Muslim International Forum e pubblicata dalla casa editrice Medina, della Direzione spirituale dei musulmani di Russia guidata dal muftì Ravil Gainutdin. Di più: alla presentazione del volume erano presenti, oltre al nunzio apostolico, l’arcivescovo Giovanni D’Aniello, i più alti rappresentanti delle comunità islamiche russe, ma anche di quelle ebraiche (a partire dal rabbino capo Adolf Shaevich), e qualificati rappresentanti delle ambasciate in Russia di Iran, Qatar e Arabia Saudita.

Non è poca cosa. Intanto per quanto riguarda l’aspetto diretto, ovvero le relazioni tra il mondo cristiano e quello musulmano, visto che l’islam è la seconda religione più praticata in Russia, con almeno 20 milioni di fedeli e 8 mila moschee. Ma anche per un risvolto meno diretto e più politico, che riguarda la Russia e la sua presenza in Medio Oriente. Come si sa, il Cremlino conduce da anni un’abile politica di allargamento della propria influenza nella regione. Basti pensare ai rapporti costruiti con Paesi che spesso sono rivali tra loro, come la Turchia, l’Iran, l’Arabia Saudita (con cui è stato appena firmato un accordo quinquennale di collaborazione militare), la Siria, l’Egitto, Israele.

In questa sua azione, che è diplomatica, economica e militare insieme, Mosca si è spesso presentata (pensiamo soprattutto al caso della Siria, ma anche di Israele) come nazione cristiana impegnata a proteggere o sostenere i cristiani del Medio Oriente. Com’è ovvio è un atteggiamento in piccola parte dovuto a convinzione e in larga parte generato da convenienza politica. Anche interna, se pensiamo alla recente guerra tra Armenia e Azerbaigian e al rapporto privilegiato con l’Armenia, Paese cristiano, e più in generale alle turbolenze del Caucaso, a loro volta così collegate con quelle del Medio Oriente.

La distensione e il dialogo tra il fulcro della cristianità, rappresentato da papa Francesco, e il mondo musulmano in generale, e quello musulmano russo in particolare, può togliere spazio a molte speculazioni politiche (che non sono meno forti, da questo punto di vista, sul fronte islamico), e a molte delle scuse invocate per ricorrere alla violenza. E in definitiva favorire quella costruzione di una cultura di pace che può essere certo innescata “dall’alto” ma che può prosperare solo se abbracciata e vissuta “dal basso”.

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