Dopo la visita del Papa, a inizio marzo, si sono spenti i riflettori dei media internazionali sull'Iraq. Dove restano i problemi di sempre: corruzione diffusa, tensione con gli autonomisti curdi, milizie sciite che flettono i muscoli e minacciano il governo di Baghdad.
Spenti i riflettori sulla visita di papa Francesco in Iraq, non cambia molto per i cittadini iracheni. Anzi, la situazione securitaria domestica peggiora di settimana in settimana, nel silenzio dei media internazionali che tanto si sono prodigati a presenziare nelle scorse settimane.
Al centro delle problematiche dello Stato, ci sono sempre i tre punti chiave: la debolezza e corruzione della classe dirigente, la diatriba tra lo Stato federale iracheno e il governo dell’Iraq del Nord (il Kurdistan iracheno), l’ascesa – che ormai è il predominio – delle milizie sciite, da nord a sud, ma con particolare predominanza nel Sud del Paese e nella capitale Baghdad.
L’ultima notizia in ordine di tempo è che la milizia sciita irachena Rubu ‘Allah ha organizzato, giovedì 25 marzo, una parata con armi e combattenti nel centro di Baghdad, mentre le forze di sicurezza irachene se ne stavano a guardare. La milizia, che è una frangia della potente milizia Kataib Hezbollah – nota anche come l’Hezbollah d’Iraq – ha organizzato la parata a Baghdad utilizzando veicoli pesanti che trasportavano lanciarazzi e altri pezzi d’artiglieria.
Il gruppo ha tenuto discorsi in onore dei propri «martiri» con chiari riferimenti di minaccia al governo in carica e agli alleati americani. Nel loro comunicato, diffuso dai media locali, si legge: «Salutiamo le armi dei mujaheddin nel loro tour nella capitale Baghdad: questo giorno è un aperto messaggio di minaccia all’America e ai suoi agenti regionali. Diamo rassicurazione e forza ai martiri e ai mujaheddin che sono venuti qui dall’Iran, e applaudiamo gli onorevoli membri del parlamento iracheno».
I cittadini di Baghdad hanno fatto circolare immagini e video che mostravano dozzine di auto cariche di uomini armati procedere incolonnate nelle centralissime aree di Karrada, Al-Jadriya, Al-Dora, Muhammad Al-Qasim e vicino al ministero dell’Interno. Insieme alle armi, i combattenti portavano striscioni che minacciavano anche il primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi. Vista la pericolosità della situazione, i negozi non sono stati in grado di aprire e le attività commerciali sono state bloccate.
Né il governo iracheno né i servizi di sicurezza hanno commentato la parata e il comunicato. Nel quale si mettono in guardia i partiti politici iracheni (della maggioranza e del blocco cristiano e sunnita) che «ostacolano deliberatamente l’approvazione del bilancio finanziario per ottenere i propri guadagni» e si esprime riprovazione per la consegna della quota del bilancio finanziario spettante al governo regionale del Kurdistan iracheno (Krg). «Non resteremo in silenzio a lungo se le richieste del popolo, in particolare delle persone dei governatorati meridionali, non saranno soddisfatte in questo bilancio», aggiunge la fonte ufficiale della milizia Rubu ‘Allah.
Nella valutazione degli analisti locali, la parata è stata una dimostrazione di forza da parte del gruppo, travestita da «richiesta popolare» da parte dei cittadini del Sud. Si tratterebbe di una mossa politica volta a destabilizzare il governo al-Kadhimi, indebolirlo e valorizzare i partiti filo-iraniani del Paese.