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Enti cristiani in Palestina, un contributo cruciale

Christophe Lafontaine
19 marzo 2021
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Enti cristiani in Palestina, un contributo cruciale
Studentesse nel cortile dell'Università di Betlemme voluta da san Paolo VI e attiva dal 1973. (foto Michal Fattal/Flash90)

Sono quasi 300 le istituzioni cristiane, di vario genere, che operano in mezzo al popolo palestinese a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Un rapporto appena pubblicato ne evidenzia l'impegno.


È una prima nel suo genere. Lo studio intitolato Mappatura delle organizzazioni cristiane in Palestina: contributo e impatti sulla comunità palestinese locale in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme est è, a detta di chi lo ha voluto, «quanto di più completo sia stato realizzato sull’argomento fino ad oggi». Lo sottolinea un comunicato diffuso in questi giorni dai principali finanziatori della ricerca: il collego universitario Dar al-Kalima, che a Betlemme promuove studi sull’arte e la cultura, e la Catholic Near East Welfare Association (Cnewa, Associazione cattolica per l’assistenza al Vicino Oriente, anche nota a Gerusalemme, in Giordania e in Libano – dove ha delle sedi – come Missione Pontificia). Secondo i due organismi, lo studio «servirà come base per le strategie future e apre la strada ad altri studi futuri in materia».

Realizzato nell’arco di cinque mesi, dimostra come «un gran numero di organizzazioni legate alle Chiese svolgano un ruolo importante nello sviluppo e nell’aiuto umanitario al popolo palestinese nel suo complesso». E ciò «nonostante le croniche sfide socio-economiche e politiche», annota l’agenzia di stampa Wafa a margine di una conferenza stampa sullo studio svoltasi online, in arabo, il 16 marzo.

Nove beneficiari su dieci non sono cristiani

I dati raccolti riguardano 296 istituzioni che operano in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme est. Parliamo di 93 scuole, università o centri di formazione professionale; 19 strutture a carattere sanitario; 47 istituti socio-assistenziali; 77 enti culturali o turistici, 38 centri giovanili e gruppi scout; 21 agenzie di sviluppo (locali e internazionali) e un centro per l’ambiente. Nell’insieme «offrono una varietà di servizi a centinaia di migliaia di palestinesi su impulso della identità e cultura cristiana che le muove», sottolineano Dar al-Kalima e Cnewa.

Gli esiti dell’indagine indicano che le organizzazioni legate alle Chiese hanno «un impatto cruciale sulla società palestinese in ogni campo». Si calcola che abbiano erogato servizi a circa il 37 per cento della popolazione, a prescindere dalle affiliazioni politiche e religiose delle persone. In effetti, il 90 per cento dei beneficiari non sono cristiani. Lo studio ha anche evidenziato che i servizi delle organizzazioni cristiane per l’assistenza e lo sviluppo migliorano la qualità della vita di oltre un milione e 900 mila palestinesi ogni anno, su una popolazione di oltre 5 milioni e 100 mila persone (dato dell’Ufficio centrale di statistica palestinese per l’anno 2020).

Per portare avanti le loro attività, le organizzazioni di ispirazione cristiana stanziano un importo di 416 milioni di dollari (350 milioni di euro) l’anno in settori vitali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, i servizi sociali, la formazione professionale e gli interventi di aiuto allo sviluppo.

Tra i primi datori di lavoro in ambito palestinese

Lo studio rivela che, sulla base di queste cifre, le quasi 300 istituzioni cristiane sopra menzionate danno impiego a 9.098 persone: 5.017 sono cristiane e 4.081 sono musulmane. Il che rende, complessivamente, queste organizzazioni «i terzi maggiori datori di lavoro del popolo palestinese dopo l’Autorità nazionale palestinese (Anp) e l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai profughi palestinesi (Unrwa)».

Mitri Al-Raheb, pastore protestante e presidente fondatore di Dar al-Kalima, rimarca che «nonostante il calo del numero di cristiani (…), il ruolo delle Chiese e delle istituzioni ecclesiastiche rimane tuttora chiaramente visibile (…). I cristiani palestinesi, sebbene non siano molti, svolgono un ruolo indispensabile attraverso le loro istituzioni e sono parte viva del tessuto palestinese».

«Il grande ruolo» svolto dalle istituzioni ecclesiastiche cristiane in Palestina viene salutato anche da Samer Salameh, sottosegretario al ministero del Lavoro palestinese, che osserva: «Questo ruolo è un’affermazione del radicamento e dell’incarnazione di queste Chiese nella società palestinese e del loro effettivo contributo alla costruzione della patria». Il politico esplicita la volontà di «sostenere a agevolare il lavoro di queste istituzioni».

Da parte sua, Joseph Hazboun, direttore regionale della Missione Pontificia a Gerusalemme, rileva che questo studio costituisce «un importante incentivo per spingere la Missione Pontificia a continuare il suo lavoro concentrandosi in particolare sul settore dei giovani che è vitale e merita di essere studiato più a fondo».

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