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Nuovi codici per le Poste palestinesi

Christophe Lafontaine
16 febbraio 2021
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Nuovi codici per le Poste palestinesi
Un impiegato palestinese al lavoro nell'ufficio postale di Ramallah, in Cisgiordania. (foto d'archivio - N. Shohat/FlashH90)

Cominciano ad essere utilizzati quest'anno i nuovi codici di avviamento postale palestinesi. Un passo poco più che simbolico per ribadire l'aspirazione a uno Stato autonomo e sovrano. I problemi da risolvere.


Domenica 7 febbraio, il ministero palestinese delle Telecomunicazioni e delle Tecnologie informatiche ha chiesto all’Unione postale universale (Upu) di notificare ai suoi Stati membri l’entrata in vigore dei codici postali palestinesi dal primo gennaio 2021.

Lo scopo concreto di questo progetto è quello di attribuire agli edifici o ad altre installazioni numeri e lettere univoci indicanti la loro collocazione geografica. Ciò contribuirà a semplificare e migliorare lo smistamento postale e i servizi logistici per la consegna di posta e pacchi ai cittadini. Si intende, altresì, facilitare l’erogazione dei vari servizi (emergenze, ambulanze, protezione civile e di polizia, app mobili varie). È quanto ha riferito domenica 7 febbraio il ministro delle Telecomunicazioni palestinese, Ishaq Sidr.

Wafa, l’agenzia di stampa ufficiale dell’Autorità Palestinese, riferisce che i nuovi codici sono già stati assegnati a circa mezzo milione di edifici in Cisgiordania, principalmente nei governatorati settentrionali. Secondo l’agenzia di stampa, l’introduzione dei codici postali va estendendosi ai governatorati della Cisgiordania meridionale e dovrebbe presto riguardare anche la Striscia di Gaza.

I problemi della corrispondenza con l’estero

«Dal prossimo aprile, gli invii postali non recanti un codice postale palestinese non saranno trattati (…), si tratta di far valere i diritti dei palestinesi», ha dichiarato – ricorda l’agenzia France Presse – Ishaq Sidr. Un’operazione che fa rima con la volontà di manifestare un gesto di sovranità da parte dell’Autorità Palestinese, che aspira all’emergere del proprio Stato in seno alla comunità internazionale.

Per il ministro delle autonomie locali, Majdi al-Saleh, citato dall’agenzia Wafa: «Il problema non è solo un codice postale. Si tratta di costruire uno Stato di Palestina moderno». Va ricordato che la corrispondenza internazionale inviata ai/dai Territori Palestinesi deve transitare attraverso i servizi di Giordania o Israele.

Il ministro delle Telecomunicazioni ritiene che i nuovi codici postali contribuiranno a porre fine al blocco della corrispondenza in arrivo dall’estero. Secondo lui, dal 2018 in Giordania sono state bloccate circa sei tonnellate di pacchi, perché le autorità israeliane hanno impedito il transito di lettere e pacchi, spesso per motivi di sicurezza o di natura amministrativa.

Concorda il responsabile delle relazioni internazionali delle Poste palestinesi, Imad Al-Tumayz, citato da France Presse. L’utilizzo dei codici postali, dice il funzionario, «impedirà a Israele di sequestrare gli articoli che arrivano in Palestina. (…) Nel 2020, abbiamo registrato più di 7.000 violazioni del materiale postale da parte israeliana. Parliamo di apertura dei pacchi, sequestri o convocazione dei proprietari per indagini».

Il realismo degli addetti

«La questione dei codici postali ha più una valenza simbolica che pratica», dice ai giornalisti un impiegato postale palestinese che si esprime in condizioni di anonimato. «La codifica postale potrà essere veramente contare solo quando l’Autorità Palestinese avrà il controllo dei porti e degli aeroporti», ha detto. Al momento, la Cisgiordania non ha un proprio aeroporto civile funzionante. E Gaza non ha un porto commerciale nel Mediterraneo.

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