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Iniezioni per curare i malanni del Muro occidentale

Cécile Lemoine
24 febbraio 2021
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A Gerusalemme, in vista delle imminenti festività pasquali, si è messo in atto un intervento di manutenzione del Muro occidentale. Nelle fessure tra le enormi pietre viene iniettato materiale calcareo. Consoliderà il manufatto e garantirà la sicurezza delle persone che sostano in preghiera ai piedi del muro.


Niente di meglio che una buona iniezione per rendere il Muro Occidentale (il Kotel, o Muro del pianto) immune alle ingiurie del tempo. Fondamentale per il giudaismo, che lo considera il luogo più sacro ove sostare in preghiera, il Kotel è l’unica porzione ancora in piedi del muraglione che sosteneva e delimitava l’area del Secondo Tempio di Gerusalemme duemila fa.

Due volte l’anno, in vista delle festività che – in primavera ed autunno – portano grandi flussi di fedeli al Muro, gli ingegneri della Western Wall Heritage Foundation e i tecnici dell’Autorità israeliana per le antichità ispezionano a fondo le pietre che compongono il muro, con l’obiettivo primario di garantire la sicurezza dei fedeli.

«Queste ispezioni di routine ci consentono di monitorare le condizioni di ogni pietra. Abbiamo una sorta di “carta d’identità” per ciascuna e verifichiamo decine di caratteristiche. Le nostre indagini più recenti hanno rivelato la necessità di trattare la “pelle”, vale a dire lo strato esterno, di molte di loro», dice Yossi Vaknin, il restauratore capo dell’Autorità israeliana per le antichità nell’area del Muro occidentale.

Gli effetti dell’inquinamento

Armati di grandi siringhe, ingegneri e restauratori rintracciano le crepe più problematiche e vi iniettano delicatamente un preparato a base di calcare. Questo «cemento micro-calce» è il «miglior metodo possibile per risanare il Muro, particolarmente esposto all’inquinamento e alle intemperie», spiega Yossi Vaknin.

Gli acidi solforosi, solforici e nitrici presenti nell’aria inquinata o nella pioggia dissolvono la superficie delle pietre, facendole sgretolare. Le alterazioni del Kotel sono causate anche dalle forme di vita che il muro ospita, in pratica un intero ecosistema. Molte piante hanno attecchito tra le pietre: capperi spinosi, gocce d’oro (podonosma orientalis), giusquiamo (hyoscyamus aureus)… Senza contare i volatili – comuni rondoni, corvi e colombe – che vi si sono annidati. Per Yossi Vaknin, non si tratta di rimuoverli: «Stiamo preservando questo ecosistema assicurando la stabilità delle pietre, per far sì che il Muro Occidentale rimanga saldo per almeno altri 2.000 anni».

Ogni anno oltre 12 milioni di persone visitano il piazzale del Muro Occidentale. Con la pandemia, la cifra è crollata. La Western Wall Heritage Foundation ha notato un aumento dei tour virtuali, ma il suo direttore, Mordechai Eliav, precisa: «Noi ci stiamo preparando al ritorno dei visitatori».

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