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L’espansione suburbana minaccia i dintorni di Gerusalemme

Christophe Lafontaine
13 gennaio 2021
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L’espansione suburbana minaccia i dintorni di Gerusalemme
Una sorgente naturale alla periferia di Gerusalemme nella zona chiamata Reches Lavan, minacciata dai piani di sviluppo edilizio. (Foto Hadas Parush/Flash90)

Il 7 gennaio è stato approvato un vasto progetto immobiliare a ovest di Gerusalemme. Mette in luce le tensioni che esistono tra pressione demografica e rispetto dell’ambiente.


Il luogo è tra i più bucolici, a 700 metri sul livello del mare, con le caratteristiche dei paesaggi mediterranei dei monti della Giudea. Reches Lavan (cresta bianca, in italiano), così chiamata per le sue luminose rocce calcaree, è una di queste aree naturali. Si estende a 8 chilometri a sud-ovest del centro di Gerusalemme e si sviluppa tra i terrazzamenti agricoli e all’ombra delle sue conifere, tra sorgenti, ruscelli e piscine naturali. Offre un ricco ecosistema di pini e cipressi, che in primavera trabocca di fiori selvatici e dove vivono gazzelle di montagna, volpi e persino falchi. Ma questo piccolo paradiso per escursioni, picnic e relax che delizia i gerosolimitani nei fine settimana, ben presto potrebbe non esistere più ed essere totalmente sfigurato.

Di fronte alla crescente popolazione israeliana, le scelte politiche devono rispondere al bisogno reale e urgente di soluzioni abitative. Secondo l’Ufficio centrale israeliano di statistica, la popolazione, che cresce del 2 per cento all’anno, dovrebbe raddoppiare entro 30 anni, passando da 9 a quasi 18 milioni. Questo significa, ad esempio, che Gerusalemme ha bisogno di 6 mila nuove abitazioni ogni anno per stare al passo. Così, il 7 gennaio quattro grandi progetti di costruzione sono stati approvati per l’area di Reches Lavan dal comitato di appello del Consiglio nazionale israeliano per la pianificazione e la costruzione.

Un «male necessario»

Nel luglio 2019 è stato lanciato un appello da diversi attori contro la decisione presa dal Consiglio per la pianificazione di approvare questo progetto di costruzione. La denuncia era stata presentata a una commissione per i ricorsi dello stesso Consiglio. L’organismo ha quindi scelto di dare l’approvazione finale, respingendo sia il ricorso che le obiezioni. Il piano è un «male necessario», ha detto il presidente del comitato di appello, che ha chiesto di valutare i modi per proteggere le sorgenti di Reches Lavan durante le fasi di realizzazione.

Secondo i piani, è prevista la costruzione su poco più di cento ettari di 5.250 unità abitative in edifici che possono avere dai cinque ai dodici piani, ha riferito The Times of Israel. Il progetto prevede anche un distributore di benzina, una capacità alberghiera di 300 camere e la realizzazione di spazi commerciali e direzionali. «I progettisti stanno già lavorando a una strada a quattro corsie che attraverserà l’area a ovest, come parte di una futura circonvallazione», aggiunge il quotidiano.

Il sogno di un parco nazionale

Gli oppositori del progetto affermano che questo danneggerà in modo considerevole l’ambiente. «Una volta che decine di migliaia di alberi saranno abbattuti, le sorgenti naturali saranno prosciugate e un sistema ecologico sarà distrutto, non si potrà tornare indietro», ha dichiarato al Jerusalem Post Odelya Robins-Morgenstern, una ragazza di 17 anni che è la Greta Thunberg delle colline di Gerusalemme. «Una rapida crescita deve essere monitorata e calcolata in modo responsabile – scrive, sognando invece la creazione di un parco nazionale –, per garantire che le colline di Gerusalemme continuino a prosperare per le generazioni future».

Giovedì scorso il ministro israeliano dell’Agricoltura, Alon Schuster, è stato molto chiaro: non approverà lo sradicamento di 11mila alberi per costruire il quartiere. Ma secondo The Times of Israel «è impossibile dire in questo momento se tale decisione possa bloccare l’intero progetto».

Possibile ricorso alla Corte suprema

Naomi Tsur, ex vicesindaco di Gerusalemme, fondatrice di Sustainable Jerusalem e attuale presidente dell’Urban Forum in Israele, non ha nascosto al quotidiano Haaretz la sua determinazione «a continuare e combattere per le colline di Gerusalemme», che considera «il polmone verde, fonte di ossigeno e principale pozzo di assorbimento del carbonio nel centro del Paese». La sua organizzazione farà ricorso alla Corte suprema perché lo considera un «problema nazionale». Stessa battaglia per una dozzina di gruppi ambientalisti, tra cui l’associazione Save the Hills of Jerusalem e l’associazione per la protezione della natura in Israele (Spni) che promuove la costruzione all’interno delle città, invece che all’esterno.

Molti temono che i progettisti, dopo aver urbanizzato Reches Lavan, si impossesseranno di altre colline: il monte Harat, Mitzpe Naftoah a Ramot, le pendici del villaggio di Ora e un versante collinare vicino all’ospedale di Hadassah a Ein Karem. Vi sono perciò richieste di sviluppare aree ancora scarsamente popolate del Negev e della Galilea o di seguire le linee guida della Spni.

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