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La tecnologia favorisce il turismo post-Covid

Cécile Lemoine
22 gennaio 2021
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La tecnologia favorisce il turismo post-Covid
Un turista scatta un selfie davanti alla città vecchia di Gerusalemme, 12 novembre 2020 (foto Hadas Parush/Flash90)

La città di Gerusalemme vuole anticipare il ritorno dei turisti e affidarsi alle innovazioni tecnologiche per pensare al turismo di domani. Fra prospettive incoraggianti e questioni etiche.


Come sarà il turismo in un mondo post-Covid? Mentre gran parte del mondo sta ancora combattendo un virus che ha fatto crollare i movimenti delle persone, diverse città stanno cercando di anticipare questo «giorno dopo».

Gerusalemme, in collaborazione con le città di Barcellona, ​​Dubai, Johannesburg, Lisbona e Parigi, ha inaugurato martedì 19 gennaio l’International Forum of Traveltech (Forum internazionale della tecnologia di viaggio). L’obiettivo è di identificare le tendenze attuali nell’ecosistema globale delle startup e scommettere sulle innovazioni tecnologiche per rilanciare un settore duramente colpito dalla crisi sanitaria.

Il settore è strategico per molti Paesi. Nel 2019, Israele ha visto l’arrivo di 4,55 milioni di turisti. Si è trattato di un livello record, che ha portato a un guadagno economico di oltre 23 miliardi di shekel (5,8 miliardi di euro). Il 2020 non regge il confronto con i suoi 888.200 visitatori, cioè un calo dell’82 per cento dei turisti, secondo i dati dell’Ufficio centrale di statistica israeliano pubblicati all’inizio di gennaio.

Aprire ai turisti a metà 2021

«Israele non vede l’ora di accogliere nuovi turisti internazionali, compresi i pellegrini cristiani», ha detto la ministra del turismo Orit Farkash-Hacohen a Cbn News. Il suo team sta attualmente definendo un piano di lavoro per autorizzare i visitatori stranieri a tornare dalla metà del 2021. «Oggi Israele è il primo Paese a vaccinare più del 20 per cento della sua popolazione. In tal modo, ci stiamo anche preparando ad aprire il cielo e consentire ai turisti di tornare», ha aggiunto.

Accogliere turisti e/o pellegrini in un contesto sanitario fragile sarà un esercizio pericoloso. Gerusalemme e le altre città del Forum internazionale vogliono puntare sulle innovazioni tecnologiche per preparare al meglio il loro ritorno. «Ci siamo resi conto che come città avevamo la responsabilità di fare qualcosa», ha detto Nofar Nistani, direttrice di Jeth, un centro che riunisce gli imprenditori di Gerusalemme del settore turistico. La tecnologia deve essere parte del futuro dell’industria del turismo».

Intelligenza artificiale, riconoscimento facciale, ecc., sono molte le soluzioni. L’Itts (Israel Travel Tech Startup), un’associazione che riunisce nuove startup delle tecnologie legate al turismo, ne ha elencati una cinquantina. «Grazie a queste tecnologie, Gerusalemme sarà ad esempio in grado di monitorare accuratamente il numero di visitatori di ogni sito in un dato momento», anticipa al Jerusalem Post Ilanit Melchior, che è a capo del dipartimento per il turismo dell’Autorità per lo sviluppo di Gerusalemme. Con questo strumento la città sarà in grado di riaprire le attività in sicurezza, dando una spinta necessaria all’economia. Come specialista nella gestione di destinazioni turistiche in crisi, ritiene che Gerusalemme abbia «potenzialità come leader nella ripresa dell’industria turistica globale».

Monitoraggio, a che prezzo?

Ilanit Melchior vuole credere che l’introduzione di un passaporto sanitario, se approvato in Israele, consentirà di rintracciare e contattare i visitatori in caso di malattia. «Sapremo in quale hotel alloggiano e, se dovesse succedere loro qualcosa, ci sarà un collegamento diretto con tutta l’assistenza medica di cui hanno bisogno». Una startup francese, PassCare, si sta già muovendo in questo ambito. Altre, come le israeliane Juganu, Vayyar e Robotemi, hanno rispettivamente progettato luci al Led per distruggere batteri e virus sulle superfici e negli spazi pubblici, sviluppato radar intelligenti per monitorare la temperatura dei viaggiatori durante un volo e stanno costruendo un robot per sostituire gli assistenti di volo.

«La crisi fornisce legittimità al dispiegamento di queste tecnologie di controllo, accelerandone la banalizzazione», sottolinea il giornalista francese Olivier Tesquet, autore di un’indagine approfondita su come la pandemia abbia giovato all’economia della sorveglianza. Israele fa parte di questo fenomeno: la startup israeliana Nso, che vende spyware a regimi autoritari per monitorare oppositori e giornalisti, ha provato a calcolare il livello di contagiosità degli abitanti dello Stato ebraico. Le speranze sono alte. Proprio come le questioni etiche che si sollevano.


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