(c.le.) – Il consistente aumento dei contagi registrato per giorni non ha lasciato altra scelta al governo di Israele. Dalle 5 pomeridiane di domenica 27 dicembre i cittadini debbono sopportare un nuovo confinamento, ed è la terza volta nell’arco di dieci mesi. Per ora è previsto che il blocco duri due settimane, ma potrebbe dilatarsi fino a un mese, hanno lasciato intendere i responsabili politici.
Il Paese ha attualmente quasi 41mila casi attivi (con 600 pazienti in condizioni severe); mentre i morti sfiorano i 3.300. Il numero di nuovi casi giornalieri è aumentato nelle ultime settimane, superando costantemente, da qualche giorno, la quota 3.000, considerata come il tetto superato il quale scattano le restrizioni.
Le restrizioni
Anche in questa nuova fase gli israeliani sono invitati a stare in casa; gli spostamenti sono limitati a un raggio di un chilometro, con alcune eccezioni (compresa la vaccinazione). A meno che non siano considerate essenziali, le aziende devono chiudere, così come gli esercizi commerciali dedicati al tempo libero o all’intrattenimento. Sui mezzi pubblici e nei luoghi di lavoro è ammesso un numero di persone pari al 50 per cento della capienza abituale. Queste restrizioni non si applicano alle scuole, che rimangono aperte.
«Come siamo arrivati a questo terzo confinamento? È semplice: non siamo mai davvero usciti dalla seconda ondata di contagi. I numeri erano ancora troppo alti alla fine del secondo confinamento», ha detto Eran Segal, matematico dell’Istituto Weizmann, che traccia l’evoluzione della pandemia nel Paese e ne dà conto anche via Twitter. «Stiamo ripetendo gli stessi errori: quando il numero di casi positivi ha cominciato ad aumentare, prima tra la popolazione araba e poi tra gli ebrei ultraortodossi, le misure di contrasto si son rivelate insufficienti».
Lo scienziato conta sulla vaccinazione di massa della popolazione – che è iniziata lo scorso 21 dicembre – per uscire dalla crisi. Solo domenica scorsa quasi 100mila israeliani hanno ricevuto la prima dose di vaccino, portando il numero totale di persone vaccinate a 379mila. Israele è attualmente al primo posto al mondo in termini di vaccinazioni somministrate in rapporto alla popolazione (oltre 9 milioni di abitanti).
«Campioni del mondo»
«Orgoglio nazionale: il nostro Paese è il campione del mondo dei vaccini!», non ha potuto far a meno di twittare il primo ministro Benjamin Netanyahu. L’obbiettivo è di arrivare ad immunizzare 150mila persone al giorno, e oltre 2 milioni di israeliani entro la fine di gennaio.
«L’effetto combinato tra il confinamento e un tasso di vaccinazione giornaliero dell’1,1 per cento della popolazione potrebbe azzerare i casi mortali di Covid-19 entro marzo», si spinge a dire Eran Segal. Così da rendere Israele «il primo Paese al mondo a uscire dalla pandemia», immagina Netanyahu, già impegnato in una nuova campagna elettorale. I suoi calcoli suggeriscono la fine della crisi all’inizio di marzo 2021, quindi poco prima delle nuove elezioni legislative (il quarto ricorso alle urne nel giro di due anni) previste per il 23 marzo.
Se l’ottimismo è d’obbligo, rabbia e stanchezza hanno comunque terreno fertile. Soffocati dalle difficoltà finanziarie, ci sono imprenditori che si dicono pronti a sfidare le nuove misure di confinamento restando aperti, riferisce il quotidiano The Times of Israel.