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L’inizio di un viaggio per il futuro

frate Francesco Patton ofm
21 dicembre 2020
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L’inizio di un viaggio per il futuro
Un primo piano del Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton. (foto Hadas Parush/Flash90)

A distanza di cent’anni dalla fondazione, ritengo ancora oggi fondamentale il ruolo di animazione culturale che la rivista Terrasanta svolge e che costituisce la sua vocazione.


Cento anni sono sempre un bel traguardo.

Se si tratta di persone è un traguardo eccezionale; se si tratta di istituzioni è un traguardo importante; se si tratta di giornali o riviste è un traguardo significativo.

Cento anni fa l’umanità era appena uscita dalla Grande guerra, che aveva mietuto circa 10 milioni di morti tra i militari e più di sette milioni tra i civili.

Era appena uscita da una terribile pandemia, quella dell’influenza «spagnola», che aveva fatto più di 50 milioni di vittime. A distanza di un secolo il mondo si trova ancora a piangere i morti di quella che papa Francesco chiama «la terza guerra mondiale a pezzi» e le vittime della pandemia da Covid-19 che non è ancora scomparsa.

Cento anni fa la nascita della nostra rivista fu un segno di speranza, come lo fu costruire al Getsemani la Basilica delle nazioni con il contributo di quei Paesi che in guerra si erano scontrati da nemici e ora collaboravano per ricostruire uno dei luoghi più significativi della Terra Santa. Oggi desideriamo che Terrasanta continui a essere un segno di speranza, raccontando i semi di bene seminati nei solchi oscuri della storia, quei semi di bene che ci fanno interpretare la storia come storia di salvezza e i Luoghi Santi come i luoghi che coltivano la memoria di questa salvezza che si è fatta carne in Cristo Gesù, in un tempo e in un luogo preciso.

Da 100 anni la rivista Terrasanta è a servizio proprio del mandato che le fu affidato un secolo fa e che già nel primo numero veniva delineato come quello «di fare maggiormente conoscere la Terra Santa, la Terra di Dio, la culla del cristianesimo, i venerandi Santuari ove fu operata la Redenzione del genere umano».

In questi cento anni si sono succeduti direttori e redattori, sono cambiate le tecniche di composizione e di stampa; la stessa Terra Santa ha visto molteplici cambiamenti nella sua configurazione geopolitica; sono stati acquisiti, ricostruiti e restaurati santuari dei quali un secolo fa rimanevano solo pochi ruderi; tra gli stessi frati della Custodia è avvenuto un continuo ricambio generazionale ed è andata via via crescendo sempre più la loro internazionalità.

La rivista ha regolarmente registrato e raccontato tutto ciò, proprio per far conoscere e amare questa terra, la terra in cui la Parola di Dio si è rivelata, si è fatta carne, ci ha redenti.

Prendere in mano oggi i volumi rilegati della rivista significa poter prendere in mano un documento storico che ci fa conoscere la vita e l’impegno dei frati che in questi ultimi 100 anni si sono succeduti nel servizio ai santuari e ai pellegrini, in quello delle parrocchie e delle scuole, nei territori di missione della Custodia.

Significa rendersi conto della tenacia e soprattutto della fede con cui tanti frati, anche in questo ultimo secolo, hanno dato la vita per stare accanto a popolazioni provate dalla guerra, a comunità cristiane ridotte al minimo e a tanti cristiani spesso tentati dal desiderio di abbandonare questa terra alla ricerca di luoghi in cui sia più facile vivere. Significa scoprire il tanto lavoro di ricerca, di recupero e di pubblicazione fatto dall’altra istituzione della Custodia, che è quasi contemporanea alla rivista, cioè lo Studium Biblicum Franciscanum della Flagellazione.

Significa poter apprezzare il contributo culturale che i frati minori hanno dato alla Chiesa e all’umanità durante uno dei secoli più complessi, accelerati e – purtroppo – bui della Storia.

Per me, Custode di Terra Santa, questo centenario è l’occasione per ricordare tutti coloro che hanno dato il loro contributo alla nostra rivista dalla sua nascita a oggi e al tempo stesso è l’occasione per ringraziare coloro che ancora oggi la realizzano con competenza e professionalità, ma anche con amore e con passione. È anche l’occasione per ringraziare le lettrici e i lettori. Siete voi i destinatari della nostra rivista e senza di voi essa non avrebbe raggiunto questo traguardo e non potrebbe prefiggersene altri.

A distanza di cent’anni dalla fondazione, ritengo ancora oggi fondamentale il ruolo di animazione culturale che la nostra rivista svolge e che costituisce la sua vocazione. Un ruolo che oggi condivide con altri mezzi di comunicazione della Custodia in una collaborazione che io spero e desidero diventi sempre più profonda. Senza il contributo della rivista e di tutto l’arcipelago comunicativo che ruota attorno ad essa in varie lingue, sarebbe impossibile per noi oggi far conoscere in modo serio, approfondito e attuale il messaggio del Luoghi Santi. La vita e l’opera dei frati della Custodia resterebbero sconosciute. Una vita fatta di condivisione fraterna tra frati provenienti da più di cinquanta Paesi diversi, una vita fatta di preghiera liturgica e di intercessione per tutta l’umanità, di servizio umile alla piccola comunità cristiana locale, in sintonia con la Chiesa locale, ma anche di servizio ai fratelli ebrei e musulmani.

È ancora grazie alla rivista che continua a essere raccontato il nostro impegno per il dialogo e per la pace, attraverso quello stile fraterno al quale di recente ci ha richiamati tutti papa Francesco con la sua ultima enciclica.

Cento anni sono solo l’inizio.

Desidero perciò esprimere un sogno e un desiderio, che è quello di vedere questa nostra rivista in mano a tante categorie di persone: ai giovani che si interessano di questa piccola porzione di mondo che congiunge l’Asia, l’Africa e l’Europa; ai pellegrini, che proprio perché amano questa Terra Santa desiderano conoscerla sempre meglio; ai religiosi e alle religiose che quaggiù possono trovare il «Quinto Vangelo» e l’occasione di approfondire il senso della propria vocazione; ai sacerdoti e ai vescovi che hanno la responsabilità di sostenere questa missione della Chiesa che nella sua concretezza ci riporta alla dimensione storica e geografica del mistero dell’incarnazione e della redenzione; agli uomini e alle donne dal cuore aperto e dalla mente vigile che hanno compreso che questa terra non è importante solo per il suo passato, ma perché qui si gioca ancora il futuro dell’umanità.

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