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Covid-19, Israele invoglierà gli scettici a vaccinarsi

Cécile Lemoine
18 dicembre 2020
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Covid-19, Israele invoglierà gli scettici a vaccinarsi
Simulazione di una vaccinazione, nell'ambito delle esercitazioni del personale sanitario per l'imminente campagna vaccinale anti Covid-19 in Israele. (foto de Miriam Alster/Flash90)

Torna a salire la curva dei contagi, mentre sta per aprirsi la campagna vaccinale anti Covid. Molti israeliani sembrano tiepidi e il governo pensa a un «passaporto verde» per chi si vaccinerà.


Usciti dal secondo confinamento (o lockdown) a metà ottobre, gli israeliani si misurano con una nuova recrudescenza nel numero di persone infettate dal coronavirus Sars-Cov-2. Il ministero della Salute israeliano aveva stabilito di mettere in atto misure più rigorose se il Paese avesse superato la soglia di 2.500 casi positivi al giorno per una settimana. Negli ultimi due o tre giorni i nuovi casi si attestano stabilmente intorno a quota 2.800 e il 17 dicembre Israele – dove sono morte per l’infezione da coronavirus 3.050 persone dall’inizio dell’epidemia – contava 22.258 positivi.

La situazione è seria anche nei Territori palestinesi. I dati al 16 dicembre fanno registrare in Cisgiordania 16.086 casi e 920 morti dall’inizio della pandemia. Nella Striscia di Gaza, dove la fame si aggiunge al morbo che dilaga, 8.723 persone risultano positive al test e 210 sono morte. Secondo il ministero della Salute palestinese, il 44,7 per cento dei test effettuati il 15 dicembre a Gaza è risultato positivo.

Le restrizioni israeliane già includono la chiusura di negozi, centri commerciali, mercati all’aperto e scuole situate in aree con alti tassi di infezione. Se queste misure non riescono a ridurre il tasso di infezione, Israele potrebbe, entro tre settimane, decidere un terzo e nuovo confinamento.

Al sicuro entro Pasqua

Per via della sua impopolarità, la misura di confinamento non è la soluzione preferita dal governo, che invece punta tutto su una campagna di vaccinazione di massa per la popolazione. Entro la fine del mese dovrebbero arrivare quattro milioni di dosi del vaccino Pfizer, a cui se ne aggiungeranno altri quattro milioni a marzo.

I primi vaccini verranno somministrati a partire dalla prossima settimana (già sabato sera, 19 dicembre, dovrebbero essere vaccinati il premier Benjamin Netanyahu e altre autorità – ndr). Il governo si è dato come obiettivo 60mila vaccinazioni giornaliere. A questo ritmo, due milioni di israeliani potrebbero essere vaccinati entro la fine di gennaio. Ottimisticamente, il coordinatore nazionale per il contrasto del Covid-19, il professor Nachman Ash, il 14 dicembre ha espresso la speranza che la campagna vaccinale consenta il ritorno alla vita normale prima della Pasqua ebraica, che inizia il 28 marzo.

Anche in Israele, come in altre parti del mondo, il vaccino solleva dubbi e preoccupazioni tra la popolazione. Un sondaggio, condotto dall’Università di Haifa, stima che tra il 50 per cento e il 75 per cento degli israeliani non intenderebbe farsi vaccinare. «Sembra esserci una reale mancanza di fiducia tra gran parte della popolazione israeliana su questo vaccino, specialmente tra gli arabi e le donne», annotava il 15 dicembre il professor Manfred Green, che ha supervisionato lo studio.

Allo studio un lasciapassare per i vaccinati

Per motivare i cittadini, il ministero della Salute sta valutando la possibilità di istituire un «passaporto verde». «Il documento attesterà che una persona è stata vaccinata e offrirà una serie di vantaggi, come un’esenzione dalle quarantene, l’accesso a ogni sorta di evento culturali, ai ristoranti e così via», ha spiegato il direttore generale del ministero della Salute Chezy Levy, intervistato dal Canale 12.

Il «passaporto verde» – l’idea è ancora in fase di studio – verrebbe rilasciato due settimane dopo che una persona ha ricevuto la seconda delle due iniezioni necessarie per la copertura vaccinale. Consentirebbe a chi viaggia di imbarcarsi su un volo, senza dover prima superare i test attualmente previsti, aggiunge il ministro della Salute Yuli Edelstein, secondo il quale l’intento non è di fornire privilegi ai vaccinati, anche se – ha puntualizzato in un altro passaggio televisivo – «coloro che non saranno più a rischio di infezione da coronavirus saranno in grado di fare cose che chi è ancora a rischio non potrà fare».

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