Servono enormi finanziamenti per la ricostruzione della Siria, ma non ci sono. Da una parte, gli alleati russi e iraniani del presidente al-Assad, che sono stati determinanti per permettere a Damasco di riprendere il controllo di gran parte del Paese, non hanno la forza economica o l’interesse politico per grandi investimenti di ricostruzione. Dall’altra parte, ad aggravare questo quadro tragico, c’è la messa in atto da parte degli Usa del Caesar Act: una serie di sanzioni rivolte contro l’élite politica ed economica e gli imprenditori internazionali che collaborano con il presidente siriano. Queste misure in vigore da giugno si aggiungono alle sanzioni che l’Occidente ha imposto da anni alla Siria. Tutto questo ha ripercussioni sulla vita della gente.
Nella regione di Idlib, controllata da ribelli jihadisti, la guerra non è finita e ci sono porzioni di Siria ancora occupate da potenze straniere. Per tutto questo non si può parlare ancora di pace in Siria. Come ha ricordato il nunzio apostolico a Damasco, cardinale Mario Zenari, in un discorso fatto a Roma in ottobre, «sul suolo e nei cieli siriani operano tuttora cinque forze armate di Paesi in disaccordo tra loro».
Gli sfollati all’interno della Siria, secondo l’Onu, sono 6,7 milioni, un numero gigantesco per un Paese che prima della guerra aveva 21 milioni di abitanti.
Abbiamo raccolto le voci di alcuni religiosi e religiose che affrontano, insieme alle loro comunità cristiane e anche ai musulmani vicini a loro, le difficoltà di ogni giorno. Si fanno portavoce di problemi enormi che rischiano di finire sotto silenzio, mentre il resto del mondo è distratto dalle preoccupazioni per la pandemia.
Come sarà il decimo Natale dall’inizio della guerra? Nell’accompagnamento spirituale e nella realizzazione di progetti concreti, i religiosi sono accanto ai cristiani rimasti.
Eco di Terrasanta 6/2020
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