Gli Accordi di Abramo sottoscritti a settembre da Israele con gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein avrebbero avuto l’effetto «di far uscire Israele dal vicolo cieco in cui si trovava». L’espressione è del premier israeliano Benjamin Netanyahu che l’ha pronunciata a fine ottobre nel porto di Haifa davanti a una nave carica di lavatrici provenienti dagli Emirati. Poche ore prima, all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv, era atterrato un velivolo della compagnia aerea Etihad, proveniente da Abu Dhabi.
Da Dubai arriva invece la notizia che la compagnia aerea a basso costo Flydubai inizierà i voli diretti per Tel Aviv a partire dal 26 novembre prossimo, nel primo servizio commerciale regolare tra le due città (per Etihad si parla di fine marzo 2021). Il vettore opererà 14 voli a settimana, offrendo un doppio servizio giornaliero tra l’aeroporto internazionale di Dubai e il Ben Gurion.
Una girandola di incontri
Dopo gli Emirati, anche il Bahrein si sta muovendo per implementare gli Accordi di Abramo. In una riunione a Gerusalemme tra il ministro degli Esteri Abdul Latif bin Rashid al Zayani e il suo omologo israeliano Gabi Ashkenazi (che si recherà a Manama a dicembre) è stato deciso che, entro la fine dell’anno, i cittadini del Bahrein potranno richiedere online il visto per visitare Israele. In più, Israele e Bahrein apriranno presto le rispettive sedi diplomatiche e cercheranno di rafforzare la cooperazione soprattutto in chiave anti-iraniana. Askenazi si è detto certo che la cerimonia di apertura dell’ambasciata d’Israele a Manama si terrà di qui al 31 dicembre. A margine della riunione, funzionari israeliani e del Bahrein hanno firmato diversi memorandum d’intesa nei campi del commercio, dei servizi aerei, delle telecomunicazioni, della finanza e dell’agricoltura.
A breve sono previsti collegamenti aerei diretti tra il Regno e Israele. L’intera delegazione del Bahrein ha viaggiato su un volo della GulfAir da Manama a Tel Aviv (presente anche l’inviato del presidente Donald Trump per il Medio Oriente, Avi Berkowitz), quasi ad inaugurare questa nuova rotta.
Teheran, l’antagonista comune
L’accordo del piccolo Regno del Golfo si colloca soprattutto in chiave anti-Teheran (e in questa chiave si può leggere anche il vertice trilaterale a cui il 18 novembre ha preso parte, sempre a Gerusalemme, anche il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo). Dopo una fase di negoziati tra Bahrein e Iran in materia di forniture energetiche durata dal 2008 al 2015, scoppia una vera e propria crisi diplomatica con il Paese degli ayatollah, reo di considerare il Regno alla stregua di una colonia. Indipendente dal 1971, il Bahrein ha sempre avuto legami strettissimi con gli Usa. Non va dimenticato che è sede della Quinta Flotta americana e della Coalizione navale internazionale a guida statunitense, oltre che di una base navale britannica.
Il nuovo rapporto tra Israele e il Bahrein nel quadro degli Accordi di Abramo da una parte consolida la scelta filo-occidentale del Regno, dall’altra segna un riallineamento del mondo arabo sunnita in chiave anti-iraniana e anti-sciita.