«La protezione della presenza cristiana a Gerusalemme non si fa con gli slogan, ma con azioni concrete». In un comunicato del 14 novembre, la Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme, per voce del patriarca Theofilos III, ha mostrato la sua determinazione «a fare di tutto per salvare e difendere le sue proprietà presso la Porta di Giaffa e le proprietà della Chiesa in generale».
Ricordiamo infatti che, con una sentenza del 24 giugno scorso, il tribunale distrettuale di Gerusalemme ha rigettato l’istanza del Patriarcato greco-ortodosso che chiedeva di bloccare in extremis il trasferimento di tre sue proprietà immobiliari all’organizzazione ebraica nazionalista Ateret Cohanim, desiderosa, attraverso l’acquisizione di case palestinesi, di «ebreizzare» il centro storico di Gerusalemme e ridurre la presenza degli abitanti non ebrei. Il Patriarcato, che accusa di frode la parte avversa, è ricorso in appello davanti alla Corte suprema.
La vendita in questione risale al 2004 e riguarda tre edifici, di cui due – l’hotel Petra e l’hotel Imperiale – si trovano nelle vicinanze della Porta di Giaffa, l’accesso principale ai quartieri cristiano e armeno della Città vecchia. Nel corso degli ultimi sedici anni, il caso è stato discusso in diverse sedi giudiziarie israeliane. La posizione del Patriarcato greco-ortodosso, sostenuta dalle Chiese cristiane della Terra Santa, non è mai cambiata: Ateret Cohanim «rivendica a torto la proprietà dei beni degli ortodossi».
Un successo, secondo il patriarca Theophilos
Ennesimo episodio di questa lunga saga giudiziaria, il patriarca Theofilos III ha dichiarato, nel comunicato del 14 novembre, di voler proseguire la battaglia legale dopo che il caso è stato presentato alla Corte suprema israeliana. Ma se questa pista dovesse fallire, intende già da ora sventare i piani dell’organizzazione ebraica sul campo. Secondo il Patriarcato, se i beni restano occupati, rimangono sotto il controllo degli attuali affittuari (di fatto non espulsi) e non di Ateret Cohanim.
Il problema è che, negli anni passati, i locatari hanno accumulato enormi debiti. Per impedire alla giustizia di decidere in favore degli ebrei radicali di Ateret Cohanim, permettendo loro di prendere possesso dell’hotel, il Patriarcato greco-ortodosso ha annunciato di avere pagato, giovedì 12 novembre, due milioni di shekel (circa 500mila euro) al tribunale distrettuale di Gerusalemme, per conto degli affittuari dell’hotel Petra. «Una somma enorme – si dichiara nel comunicato – malgrado le difficoltà finanziarie» che attraversa il Patriarcato. Ma l’istituzione ecclesiastica sa quello che fa, e il suo patriarca definisce la propria strategia un «successo».
Infatti, poiché i locatari non potevano pagare, il tribunale distrettuale di Gerusalemme aveva nominato un liquidatore per recuperare il debito e questi non era altri che uno degli avvocati di Ateret Cohanim. Il Patriarcato di Gerusalemme aveva allora cercato di pagare direttamente il debito dei locatari alle autorità locali israeliane, ma il liquidatore aveva ottenuto dal tribunale di impedire alle autorità competenti di negoziare con il Patriarcato. «Era evidente – spiega il Patriarca nel comunicato – che la strategia del liquidatore avrebbe condotto alla fine Ateret Cohanim a coprire il debito degli affittuari in cambio dell’acquisizione dei loro diritti sull’hotel Petra, e ciò avrebbe significato che i radicali avrebbero preso il controllo dell’hotel Petra e l’avrebbero usato a loro piacimento». «Uno scenario disastroso», che il Patriarcato intende assolutamente evitare.