(g.s.) – L’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa resta a Gerusalemme come patriarca latino. La sua nomina è stata pubblicata a mezzogiorno di quest’oggi – 24 ottobre 2020, vigilia della festa liturgica di Maria Vergine regina di Palestina – dalla sala stampa della Santa Sede. Termina così il periodo di sede vacante nella diocesi latina in Terra Santa, iniziato nel giugno 2016 quando papa Francesco accettò le dimissioni, per raggiunti limiti d’età, di mons. Fouad Twal. Da allora Pizzaballa ha governato la diocesi in qualità di amministratore apostolico, cioè di emissario della Santa Sede incaricato di riorganizzare gli uffici della curia patriarcale e ripianare il dissesto finanziario – almeno 80 milioni di dollari – creatosi negli anni precedenti.
Il Patriarcato latino di Gerusalemme, così come lo conosciamo oggi, nacque in epoca crociata, ma di fatto cessò nel 1291 con la caduta di San Giovanni d’Acri e il definitivo tramonto del regno crociato in Terra Santa. Nel 1847 venne restaurato da papa Pio IX che ne affidò la cura ad ecclesiastici italiani. A partire da allora il patriarca Pizzaballa è il decimo in ordine cronologico. Con la sua nomina – gradita a buona parte del clero locale – la guida della diocesi gerosolimitana torna in mani italiane dopo due predecessori arabi: monsignor Michel Sabbah, primo sacerdote palestinese a diventare patriarca, nel 1987, e l’arcivescovo Twal – di nazionalità giordana, trasferito dalla sede di Tunisi nel 2005 con la nomina di coadiutore – che gli è succeduto nel 2008.
La biografia in sintesi
La nomina di quest’oggi conferma un dato saliente nella biografia di mons. Pizzaballa: nato a Cologno al Serio, in diocesi e provincia di Bergamo, il 21 aprile 1965 e diventato sacerdote il 15 settembre 1990, ha ormai trascorso più anni della sua vita a Gerusalemme che in Italia, il suo Paese natale. Nella Città Santa ha messo piede, per la prima volta, da giovane prete per ragioni di studio.
Il religioso lombardo ha vestito il saio francescano il 5 settembre 1984, dopo essere entrato a far parte della Provincia di Cristo Re, dei Frati minori dell’Emilia Romagna, ai quali si è avvicinato da ragazzo, durante un prolungato soggiorno sulla riviera romagnola. Il 14 ottobre 1989 ha emesso i voti solenni di povertà, obbedienza e castità. Dopo il primo ciclo di studi filosofico-teologici ha conseguito il baccellierato in Teologia il 19 giugno 1990 presso il Pontificio ateneo Antonianum di Roma. Si è specializzato presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme, ottenendo la licenza in Teologia biblica il 21 giugno 1993, e successivamente ha conseguito il Master presso l’Università ebraica di Gerusalemme.
La sua provincia religiosa assegna formalmente Pizzaballa alla Custodia di Terra Santa nel luglio 1997. A Gerusalemme è docente di ebraico biblico presso la facoltà francescana di Scienze bibliche e di Archeologia, mentre nell’ambito del patriarcato latino lavora nella pastorale per i fedeli di espressione ebraica. Dal maggio 2001 al maggio 2004 è superiore del convento dei Santi Simeone e Anna, a Gerusalemme, dove ha sede una delle comunità cattoliche ebreofone. Dal 2005 al 2008 è anche vicario patriarcale per i cattolici di lingua ebraica.
Eletto Custode di Terra Santa nel maggio 2004, alla scadenza del mandato sessennale viene riconfermato, per altri due trienni, nel 2010 e nel 2013.
Il 18 marzo 2008 Benedetto XVI nomina fra Pizzaballa consultore della Commissione per i rapporti con l’ebraismo presso il Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nella sua veste di padre Custode, il francescano accoglie papa Ratzinger in Terra Santa (8-15 maggio 2009) e, nel giugno 2010, a Cipro.
Pizzaballa conosce personalmente papa Francesco negli anni in cui questi è arcivescovo di Buenos Aires. Nella capitale argentina la Custodia di Terra Santa ha un convento e una scuola e durante una delle sue visite a quelle comunità, l’allora Custode di Terra Santa ha modo di confrontarsi con il cardinal Bergoglio. Dopo l’elezione di quest’ultimo al soglio pontificio, le occasioni di incontro tra i due uomini di Chiesa si moltiplicano. Durante il pellegrinaggio papale del 2014, Pizzaballa è costantemente al fianco di Francesco a Gerusalemme, al punto da fargli da interprete negli incontri con le personalità israeliane di lingua ebraica (idioma che lui ben conosce, mentre non padroneggia compiutamente l’arabo). Appendice del viaggio è l’incontro di preghiera organizzato nei giardini vaticani l’8 giugno 2014 con i presidenti israeliano Shimon Peres e palestinese Mahmoud Abbas e il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Il Papa ne affida la supervisione proprio a Pizzaballa, il quale viene nominato amministratore apostolico del patriarcato latino di Gerusalemme il 15 luglio 2016. Riceve l’ordinazione episcopale, nel duomo di Bergamo, il successivo 10 settembre.
Da arcivescovo, Pizzaballa prende parte attiva all’incontro ecumenico con i capi delle Chiese e delle comunità cristiane del Medio Oriente, promosso da papa Francesco il 7 luglio 2018 a Bari. Nel capoluogo pugliese torna dal 19 al 23 febbraio di quest’anno per intervenire all’evento promosso dalla Conferenza episcopale italiana, Mediterraneo frontiera di pace. Alla sessantina di cardinali, vescovi e religiosi della Santa Sede e di 20 Paesi che si affacciano sul Mediterraneo si unisce l’ultimo giorno anche il Papa, davanti al quale mons. Pizzaballa ha il compito di sintetizzare l’esito dei lavori.
Gli auguri del Custode di Terra Santa
Non appena è stata resa pubblica la nomina a patriarca, fra Francesco Patton, successore di mons. Pizzaballa come Custode di Terra Santa, gli ha indirizzato una lettera di felicitazioni in cui scrive: «Nel Suo cuore, in questo momento, possono certamente albergare sentimenti diversi di trepidazione e anche di timore, ma lo Spirito del Signore Le farà sicuramente dono della sua consolazione interiore perché possa assumere con fiducia questo nuovo servizio».
In un altro passaggio fra Patton soggiunge: «Tutti noi, Suoi confratelli, insieme a tante persone che La stimano e Le vogliono bene, Le saremo vicini nella preghiera e disponibili alla collaborazione per il bene della Chiesa. Invochiamo lo Spirito del Signore che infonda nel Suo ministero la luce del discernimento, il calore della Parola e il fuoco della carità perché Lei possa pazientemente guidare, nutrire e istruire il gregge che Le è affidato da Cristo stesso e che a Lui appartiene. Le auguriamo di poter essere strumento della Sua pace in questa realtà che di pace, di dialogo e di riconciliazione ha grande bisogno» (clicca qui per la versione integrale della lettera).
Gerusalemme madre
In un denso intervento dal titolo «Gerusalemme, luogo dell’anima. È una madre che educa e fa crescere» – pubblicato di recente, in italiano ed inglese, nel volume curato da don Giovanni Emidio Palaia Il villaggio dell’educazione. Un incontro tra i figli di Abramo sull’uomo creatura di Dio (ed. Cittadella, 2020) – mons. Pizzaballa scrive: «Non basta preservare il carattere storico della città attraverso le sue pietre, ma è anche necessario preservare l’intreccio unico di relazioni di fedi, popoli e culture, senza esclusivismo. La natura di Gerusalemme è includere, non escludere. Questa è anche la sua vocazione profetica, il suo richiamo universale. Come un microcosmo del nostro mondo globalizzato, questa città, se deve vivere la sua vocazione universale, deve essere un luogo che insegna l’universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione, un luogo dove il pregiudizio e l’ignoranza, e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace».
Più oltre il neo-patriarca soggiunge: «Non è questo il momento dei grandi gesti, non è il tempo nel quale attendere dalle istituzioni religiose e politiche capacità di visione e di profezia. Le istituzioni arriveranno, primo o poi, ma nel frattempo bisogna lavorare e operare laddove le persone sono disposte a mettersi in gioco, a spendersi per ripulire il volto sfigurato della Città Santa attraverso le loro iniziative di dialogo e di incontro, di preghiera e di condivisione. (…) Vi sono iniziative di carattere diverso, a me personalmente assai vicine. Ci sono gruppi di giovani e meno giovani che non vogliono limitarsi a incontri di carattere sociale, storico e culturale. Vogliono capire l’uno le ragioni dell’altro e la rispettiva fede. Sono gruppi che non fanno pubblicità e di cui non si sa nulla pubblicamente e forse per molto tempo sarà ancora così, ma sono numerosi e crescono continuamente. Sono gruppi che si dedicano alla lettura dei testi sacri. Ebrei israeliani che leggono insieme ai cristiani arabi l’Antico Testamento e lo commentano insieme. (…) Ho fatto personalmente esperienza di come questi incontri creino legami di amicizia forti e profondi: non solo non creano tensioni e incomprensioni ma, al contrario, aiutano a conoscere sé stessi più a fondo. Le domande di amici ebrei sulla figura di Gesù, sul senso della morte e risurrezione, sulla sua personalità, mi hanno aiutato ad approfondire il mio rapporto con Lui, mi hanno fatto riappropriare in maniera nuova della mia fede cristiana».
Ultimo aggiornamento: 26/10/2020 10:57
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