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Una famiglia, un muro

Luca Balduzzi
8 settembre 2020
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Una famiglia, un muro
Un fermo immagine dal film 200 Meters.

Fuori concorso alla 77.ma Mostra del cinema di Venezia il primo lungometraggio del regista palestinese Ameen Nayfeh. Un'opera sulle barriere fisiche e psicologiche imposte alla sua gente nella terra in cui è nata.


I duecento metri che danno il titolo al lungometraggio d’esordio del regista palestinese Ameen Nayfeh – presentato alla settantasettesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, nel cartellone delle Giornate degli autori – sono quelli che separano la casa in cui abitano Mustafa e sua madre da quella in cui vivono sua moglie Salwa e i loro tre bambini.

Questi duecento metri, però, dividono anche la Cisgiordania da Israele, e sono dominati dal muro che gli israeliani hanno costruito per separarsi dai palestinesi.

Mustafa può attraversare quel muro esclusivamente quando ha la fortuna di trovare un lavoro e di ricevere, di conseguenza, un permesso di transito. Ma non è assolutamente detto che i documenti in regola siano sufficienti.

Sono duecento metri che hanno ripercussioni profondamente negative su un matrimonio altrimenti felice: scambiarsi la buonanotte per telefono da una parte all’altra del muro e discutere dell’educazione dei figli in videochiamata non basta per tenere legata la famiglia, e spesso Mustafa si trova a «subire» decisioni che Salwa è «costretta» a prendere da sola.

Il giorno in cui il figlio più grande viene investito da un’auto e portato in ospedale, poi, questi duecento metri si trasformano in una distanza apparentemente incolmabile. Mustafa potrà fare affidamento soltanto sui contrabbandieri che trasportano clandestinamente i palestinesi in Israele. Duecento metri diventano non solo due giornate di viaggio, ma anche una lotta per la sopravvivenza dentro al bagagliaio di una macchina, con il terrore costante che i posti di blocco possano portare all’arresto o, peggio, a uno scontro con i soldati impegnati nei controlli.

200 Meters racconta «la mia storia, la storia di migliaia di palestinesi», commenta il regista . «È necessario raccontare questa storia. Quando si menziona la Palestina, probabilmente a venire in mente sono le immagini del muro, dei posti di blocco e dei soldati. Tuttavia, l’attenzione è concentrata su quanto questa divisione influisca sugli esseri umani, per fare luce su quei muri invisibili originati da una barriera fisica. Qui, in Palestina, siamo abituati ad adattarci a nuove situazioni, a fare come ci viene detto e a camuffare i nostri sentimenti. Ma questo non dovrebbe essere più accettabile. La libertà di movimento è un diritto umano fondamentale che appare come una favola in una realtà così brutale».

Nel film, Mustafa «ha obbedito alle regole, ha sopportato l’umiliazione e ha fatto come gli è stato detto per garantirsi una piccola possibilità di stare con la sua famiglia – aggiunge Nayfeh –, ma quando quelle stesse regole che lo hanno alienato mettono in pericolo i suoi cari e il senso della paternità, potrà ancora obbedire?».

Il grande punto di forza di 200 Meters è che le risposte a questa domanda non sono mai banali né retoriche.

200 Meters
regia e sceneggiatura: Ameen Nayfeh
interpreti principali: Ali Suliman (Mustafa), Lana Zreik (Salwa)
produzione: Palestina – Giordania – Qatar – Italia – Svezia, 2020
durata: 96 minuti

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