(g.s.) – Nel primo pomeriggio di venerdì 25 settembre Israele ha inasprito le restrizioni introdotte sette giorni prima per contenere il diffondersi dei casi di Covid-19. Le maglie dei controlli erano sembrate piuttosto larghe e le precauzioni adottate in modo elastico. Dal punto di vista epidemiologico non si vedono ancora miglioramenti, anzi il numero dei nuovi contagi proprio venerdì ha raggiunto la cifra record di 8.315 (i morti ad oggi sono arrivati a quasi 1.500). Nel giro di un mese i positivi sono raddoppiati: da 100 mila casi a 200 mila (nei Territori Palestinesi siamo poco sotto i 50 mila, in crescita). I pazienti in condizioni gravi sono oltre 700 e qualche ospedale ha già dichiarato l’impossibilità di ricevere altri pazienti affetti da Covid-19. Negli ultimi giorni ogni 100 persone sottoposte a test, 15 risultano positive. Gli esperti ritengono che sia necessario scendere al 10 per cento per poter ridimensionare il livello d’allarme.
Nella giornata di sabato il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ammesso un errore di valutazione da parte del suo governo nel por fine in modo troppo frettoloso al primo lockdown il 25 maggio scorso, quando furono riaperte le scuole, i bar, i ristoranti e i luoghi di ritrovo. Il premier non ha accennato a un altro degli elementi cruciali: la resistenza di alcune fasce della popolazione, come gli ebrei ultraortodossi, nell’aderire alle regole di distanziamento fisico e al divieto di assembramenti (non più di 10 persone possono stare contemporaneamente in luoghi chiusi; non oltre 20 all’aperto). Dal canto suo, il direttore generale del ministero della Salute, Chezy Levy, ha stigmatizzato coloro che anche in queste ultime sere, a Tel Aviv e Gerusalemme, inscenano affollate manifestazioni di piazza contro il capo del governo.
Limiti e chiusure
Le nuove misure restrittive resteranno in vigore almeno fino all’11 ottobre.
Tutti gli esercizi commerciali restano chiusi eccetto quelli ritenuti essenziali, come: supermercati, farmacie, negozi di apparecchiature elettroniche, ottici, lavanderie automatiche e altri negozi espressamente autorizzati. Come già deciso la settimana precedente, i ristoranti potranno lavorare solo per le consegne a domicilio. Tutti sono invitati a indossare la mascherina e a non allontanarsi per più di un chilometro dalla propria abitazione, con eccezioni espressamente previste: approvvigionarsi di servizi o beni essenziali; assistere qualcuno in condizioni di bisogno; sottoporsi a cure mediche o ricevere assistenza dei servizi sociali; recarsi a un mikveh (bagno rituale) se si è donne (le ebree praticanti hanno esigenze di purificazione rituale correlate al ciclo mestruale); accompagnare un minore figlio di coniugi separati da una casa all’altra dei due genitori; fornire cure essenziali ai propri animali domestici; recarsi su un posto di lavoro rimasto aperto perché considerato essenziale; recarsi in Parlamento; donare il sangue; prendere parte a un procedimento legale; partecipare al funerale di un parente di primo grado; traslocare per in una nuova residenza; praticare sport (ma non è consentito l’uso di un veicolo). Altre misure sono all’esame del parlamento.
Stando ai dati ufficiali, sono assai meno drammatiche le condizioni della Giordania, dove i casi di contagio registrati sino ad oggi – su 10 milioni di abitanti – sono poco più di 8 mila e i morti meno di 50.