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Avigayil, il volto degli israeliani in rivolta

Alessandra Abbona
10 agosto 2020
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Avigayil, il volto degli israeliani in rivolta
Avigayil Rose durante una manifestazione contro il governo a Gerusalemme (foto Sharon Avraham)

Una giovane israeliana di 21 anni, Avigayil Rose, fino allo scorso sabato 18 luglio non avrebbe mai immaginato di diventare un simbolo della protesta contro Benjamin Netanyahu che si sta intensificando in queste settimane in Israele.


Il fulcro della protesta, che da metà di luglio non si arresta, è Balfour Street, la via dell’elegante quartiere gerosolimitano di Rehavia dove sorge la residenza del primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu. Ogni pomeriggio qui prendono vita manifestazioni con una partecipazione trasversale e intergenerazionale. Lo si può vedere sia dai video diffusi sui social network da giornalisti indipendenti e attivisti, sia dai reportage fotografici pubblicati sui giornali e siti israeliani e internazionali, sia dai notiziari televisivi.

Diplomata alla scuola d’arte di Gerusalemme, dove ha studiato recitazione, Avigayil è una giovane attrice teatrale e fotografa che oggi vive a Tel Aviv. Per mantenersi, come tutti gli aspiranti artisti, lavora come cameriera in locali e ristoranti: la vita è costosa nella città costiera e non è raro doversi barcamenare, se si è lavoratori indipendenti, tra più lavori e impegni.

In piedi, gli occhi fieri, con le braccia alzate e incrociate a X per simboleggiare «Ein Matzav», lo slogan della protesta (che si può tradurre con l’inglese No way, «in nessun modo»), in prima fila a fronteggiare la polizia, Avigayil è stata immortalata in immagini di vari fotografi. Uno di questi, uno scatto di Oded Balilty – fotoreporter che collabora con Associated Press – ha fatto il giro del mondo. La sua espressione di giovane donna coraggiosa è rimbalzata su tutti i media israeliani e non solo: dal quotidiano di sinistra Haaretz, allo Yedioth Ahronoth (la testata più letta in Israele), agli schermi di Channel Three, fino a The Guardian e alle agenzie di stampa internazionali.

«Un risveglio generale»

Per Avigayil Rose, il monento in cui è diventata un volto simbolo, era la prima manifestazione, quasi una necessità fisica per esternare il suo malcontento e la sua delusione per una politica lontana dalla gente e dannosa (insediatosi lo scorso maggio, il governo della grande coalizione tra Likud e Blu e Bianco è in uno stallo). Dopo quel sabato sera, ha voluto tornare a protestare ed è stata anche fermata e malmenata dalle forze dell’ordine.
Raggiunta telefonicamente nel suo appartamento di Tel Aviv, ci racconta: «Prima della diffusione del Covid-19 non avevo mai pensato di scendere in strada per manifestare, ma la crisi nella gestione di questa emergenza ha destato molti cittadini israeliani, me compresa. Quello che sta succedendo è un risveglio generale ed è una rivolta che coinvolge tutte le classi sociali e persone di ogni età, indipendentemente dall’essere di sinistra o di destra. È un movimento che vede insieme sia persone religiose che laiche, così come una generazione di nuovi poveri, di una classe media impoverita».

Nonostante Netanyahu cerchi di bollare il montante movimento contro di lui come un piccolo gruppo di giovani antagonisti e anarchici, a fronteggiare la polizia e poi l’esercito nelle vie di Rehavia sono anche coppie di anziani, associazioni di giovani mamme, signore di mezz’età, liberi professionisti quali musicisti e artisti così come ristoratori, artigiani o proprietari di locali che non si sono sentiti tutelati e sostenuti economicamente dal governo durante e dopo l’esplosione del coronavirus.

Avigayil ripercorre la sua esperienza attraverso il suo punto di vista, che è comune a quello di molti altri giovani: «Tanti israeliani sono assuefatti alla politica del primo ministro, in carica da oltre un decennio. Molti ragazzi come me non hanno conosciuto altro… ma oggi abbiamo bisogno di un cambiamento radicale. Questo movimento nasce da un malessere, da insoddisfazione, riguarda molti aspetti della nostra situazione, non ultimo l’occupazione. Il governo non si cura di noi, non coglie i bisogni della popolazione. Ecco perché per la prima volta, proprio quando è stata scattata la foto, ho sentito l’esigenza di essere in Balfour Street per urlare il mio dolore e la mia tristezza. E mi sono sentita in profonda solidarietà con tutti quelli che erano con me, con molta gente mai vista prima, ma accomunata dalle stesse istanze».

Avigayil ha fatto anche una scelta del tutto controcorrente in Israele, rifiutando il servizio militare e si è impegnata in associazioni di volontariato o di sostegno a giovani a rischio. Un’altra sua immagine che ha avuto ampia circolazione la ritrae tirata per le braccia e le gambe dalla polizia che la trascina a forza lontano dal luogo di una manifestazione. «Ho assistito a comportamenti brutali della polizia – racconta –, come quando hanno attaccato una donna incinta appartenente a un gruppo di mamme. Per me è stata una scena orribile. Ecco perché gridiamo “Ein Matzav”, cioè diciamo “Basta Bibi” (Netanyahu – ndr), in nessun modo si può continuare così. Siamo all’inizio di una rivoluzione, ora il governo ci teme, ecco perché minimizza la nostra lotta».

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