Nei giorni scorsi il Consiglio di Sicurezza Onu doveva decidere se mantenere il flusso di aiuti umanitari destinati ai profughi nella provincia siriana di Idlib. Varie risoluzioni in materia sono state bloccate dai veti dei membri permanenti.
Libertà, indipendenza, autodeterminazione, anti-imperialismo, democrazia, no al terrorismo… Gli slogan con cui le grandi potenze hanno «coperto» gli interventi militari in Siria li conosciamo tutti. La realtà, però, racconta un’altra storia, fatta di interessi politici ed economici e, soprattutto, della più totale indifferenza per le sorti del popolo siriano. Nel caso servissero altre dimostrazioni, osserviamo quanto accade in questi giorni all’Onu. Una premessa: la Commissione d’inchiesta sulla Siria delle Nazioni Unite ha appena pubblicato un rapporto in cui vengono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità sia l’esercito di Bashar al-Assad (bombardamenti indiscriminati sui civili, con 500 morti) sia le milizie islamiste di Hayat Tahrir al-Sam (Comitato per la liberazione del Levante), che con ventimila uomini armati controllano la provincia di Idlib e sono responsabili di rapimenti, torture, saccheggi e omicidi di civili, con più di 200 morti. La nostra stampa, ovviamente, ha messo l’accento solo su quanto riguarda Assad ma non ci stupiamo, va così da sempre.
Torniamo all’Onu. Sullo sfondo di questo rapporto, il Consiglio di Sicurezza doveva decidere se mantenere il flusso di aiuti che, attraverso i due passaggi di Bab al-Hawa e Bab al-Salama, arriva alla provincia di Idlib, controllata dai terroristi seguaci di Al Qaeda ma dove comunque è affluito, a causa della guerra, oltre un milione di profughi. Una risoluzione in merito, presentata da Belgio e Germania, è stata bloccata dal veto di Russia e Cina. Il giorno dopo, stessa scena con verso opposto: la Russia presenta una risoluzione per tenere aperto uno solo dei passaggi, e per soli sei mesi, e gli Usa mettono il veto.
Dopo lo scontro è partita la ricerca di una soluzione di compromesso. Ma il succo della faccenda è chiaro. Russia e Cina (e Siria) sanno che gli aiuti che arrivano a Idlib contribuiscono, a prescindere dai desideri dell’Onu, a mantenere le milizie jihadiste, che amministrano col terrore la vita della provincia. Vorrebbero quindi che il flusso degli aiuti passasse per la Siria e fosse gestito dalle autorità siriane. Ma gli Usa (e gli alleati) sanno che così Assad otterrebbe una leva importante non solo nei confronti di Idlib ma anche delle istituzioni internazionali. Quindi tutto si blocca, gli aiuti rischiano di interrompersi e le sofferenze dei profughi e degli sfollati di diventare ancora più atroci. Sono gli unici a soffrire dei veti incrociati: sia i terroristi islamisti sia Assad e il suo esercito, infatti, hanno ben altri sponsor.
Così vanno le cose in Siria, ormai da dieci anni. Chi pensava che il peggio fosse già stato raggiunto in Afghanistan, Iraq e Libia, può cominciare a ricredersi.
Perché Babylon
Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.
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Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com