Che in estate si sviluppino quelli che definiamo «tormentoni» è un fatto che va di pari passo con l’idea di estate stessa, ma a diventarlo non era mai stata una canzone con un chiaro significato biblico. L’hashtag #jerusalema è tra le tendenze di Youtube e TikTok ma pochi tra coloro che la ballano conoscono le sue origini.
La canzone, nata all’interno della Chiesa evangelica sudafricana, è una preghiera gospel in lingua zulu: la richiesta fatta è quella di ricongiungimento con il Padre nella Gerusalemme celeste. «Gerusalemme è la mia casa / Guidami / Portami con te / Il mio posto non è qui / Il mio regno non è qui». Un testo che richiama la grande tradizione dei salmi biblici ricchi di invocazioni alla Gerusalemme divina e che riportano ogni cristiano di tutto il mondo a guardare alla città santa.
A renderla popolare, ancora prima di TikTok, il produttore e musicista sudafricano Master KG, appassionato fin da piccolo della musica popolare africana e la cantante Nomcebo Zikode (originaria della regione del Kwazulu-Natal), che hanno remixato Jerusalema rendendola la canzone ballabile che sentiamo così spesso in radio.
Un dono dall’Africa
«È l’unica canzone capace di unire il mondo intero indipendentemente dalla razza, dal colore o dalla religione», afferma un utente in un commento su YouTube, e ad essere d’accordo con lui sono in molti.
Dalla pubblicazione del video su YouTube il 13 dicembre 2019, infatti, sono state pubblicate diverse versioni e traduzioni, grazie anche alle numerosissime comunità afro presenti in ogni continente: Brasile, Argentina, Colombia ma anche Italia, Francia, Gran Bretagna, fino a Mauritius da dove un’utente di YouTube commenta: «Questa canzone si sente ovunque in questi giorni». Una cover è stata anche incisa dal Soweto Gospel Choir, complesso di voci sudafricano celebre in tutto il mondo.
Da preghiera gospel a inno di comunione universale, Jerusalema è diventata poi da qualche settimana virale su TikTok, dove milioni di utenti, molti giovanissimi, l’hanno trasformata in una dance challenge.
In molti sui social hanno visto in questo fenomeno un’interessante contaminazione tra cultura africana gospel, che vede nel movimento un aspetto imprescindibile del rituale spirituale, e un social così giovane e dinamico capace di creare un’opportunità: diffondere per il mondo la cultura africana e il messaggio cristiano. «Un segno che il movimento del “grande risveglio” sta uscendo dall’Africa (un riferimento al movimento evangelico che a partire dall’Europa protestante ebbe forte impulso negli anni Trenta del Settecento – ndr)», commenta sotto il video l’attivista ugandese Raymond Reuel Yesuafuga Sseguya. Qualcuno invece si mostra molto scettico, sottolineando come «un testo di forte impronta spirituale sia diventata un fenomeno di massa perdendo il suo significato di preghiera profondo».
Forse anche in questo modo del tutto particolare che si sta conoscendo attraverso il mondo dei social, tutte le voci che cantano Jerusalema verranno ascoltate come un’unica preghiera.
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