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Il Vangelo in ebraico via cavo fa discutere Israele

Marie-Armelle Beaulieu
23 maggio 2020
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Il Vangelo in ebraico via cavo fa discutere Israele
Il logo di Shelanu Tv.

Da giorni una polemica infuocata, accesa dal quotidiano Haaretz, investe in Israele un'emittente via cavo cristiana che per la prima volta diffonde il Vangelo in lingua ebraica. E che ora rischia di chiudere.


«Porteremo il vangelo di Gesù nelle case, nelle vite e nei cuori del popolo ebraico», dichiarava ai primi di marzo Ward Simpson, amministratore delegato del canale God Tv, nell’annunciare la firma di un contratto con Hot, il principale fornitore di canali televisivi via cavo israeliano, per il lancio, in Israele, dell’emittente Shelanu Tv.

Poche settimane dopo, il 4 maggio, il quotidiano Haaretz è andato all’assalto, con un articolo a commento del comunicato video di Ward Simpson. Nel quale Simpson evocava senza mezzi termini un momento «storico e soprannaturale»: «per la prima volta predicheremo in ebraico […] Grazie a un contratto di 7 anni, porteremo Gesù Cristo al popolo ebraico, Alleluia. […] Siamo così entusiasti di ciò che Dio sta facendo. Credo che Lui stesso abbia sostenuto God Tv per consentirle di vivere un evento del genere […] per vedere i suoi figli aprire gli occhi su Gesù il Messia. Shelanu Tv porterà il vangelo di Gesù Cristo a Israele».

No al proselitismo

Haaretz ha raggiunto per un commento Asher Biton, presidente del Comitato per i programmi via satellite e via cavo, che fa capo al ministero per le Comunicazioni. «Secondo i nostri regolamenti – osserva Biton – è possibile trasmettere programmi religiosi, ma è vietato mandare in onda contenuti che possano influenzare indebitamente i telespettatori, e in particolar modo i giovani e il pubblico più impressionabile».

Un contenuto del genere sarebbe illegale in Israele, dove ogni proselitismo è proibito, in particolare se rivolto a una persona d’età inferiore ai 18 anni senza il consenso dei suoi genitori. Il quotidiano israeliano osserva che «la descrizione fornita agli abbonati sugli schermi televisivi indica che si tratta di un canale confessionale destinato ai cristiani filoisraeliani».

Shelanu Tv – letteralmente «La nostra Tv» – non è l’unica emittente cristiana a trasmettere in Israele, ma è la prima a farlo in ebraico e a manifestare apertamente intenzioni missionarie.

Dopo il servizio di Haaretz, tutta la stampa israeliana e quella ebraica in varie parti del mondo hanno ripreso l’argomento suscitando grande scalpore e una rapida retromarcia di Simpson, che in un secondo video ha spiegato: «Il proselitismo in Israele è un argomento molto delicato. Non si può provare a convertire degli ebrei, non si può cercare di farli diventare cristiani, cosa che non è nostra intenzione. […] Il nostro canale mira ad aiutare gli spettatori israeliani a capire che Gesù non è un estraneo o un impostore. È Yeshua, il Messia nato a Betlemme. I nostri fratelli e sorelle ebrei messianici non si convertono. Continuano a vivere la loro vita da ebrei. Credono semplicemente che Yeshua è il messia e lo seguono».

Poca trasparenza

Lo scopo del canale via cavo sarebbe quindi quello di «persuadere gli ebrei in Israele a riconoscere Gesù come il Messia senza rinunciare al giudaismo». Una sfumatura che non ha convinto.

Dopo aver inizialmente dichiarato che il canale ebraico, che ha avviato le trasmissioni in aprile, è destinato solo ai cristiani, il Comitato israeliano per i canali via satellite e via cavo ha annunciato che l’emittente potrebbe essere chiusa per carente trasparenza circa il contenuto della sua programmazione. Haaretz, in un nuovo articolo, riferisce che gli organismi competenti stanno riesaminando il caso dopo un confronto con Hot.

Mentre il canale Shelanu è sotto inchiesta, l’amministratore delegato di God Tv non disarma. In un nuovo videomessaggio sottolinea il sostegno del suo movimento allo Stato di Israele, in linea con la posizione dell’International Christian Embassy of Jerusalem, organismo di rappresentanza e coordinamento nella Città Santa degli evangelici statunitensi filo-israeliani.

Quella che ormai ha assunto i toni di una telenovela fa toccare con mano a un buon numero di israeliani le conseguenze di un partenariato sempre più stretto con i movimenti evangelici «sionisti cristiani», i quali, anche quando suggeriscono all’orecchio del presidente Donald Trump la condotta  da tenere a sostegno di Israele e della sua politica di colonizzazione, non possono più nascondere il fine ultimo della loro azione: non solo accelerare il ritorno del Messia offrendogli un «grande Israele», ma anche convertire gli ebrei.

I governi israeliani guidati da Benjamin Netanyahu hanno quest’ultima parte del discorso, accettando il sostegno politico e finanziario da questi partner insperati e molto influenti al Congresso degli Stati Uniti. Il prezzo da pagare potrebbe non essere indolore per il popolo ebraico.

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