Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Il Medio Oriente e le barricate a venire

Fulvio Scaglione
14 maggio 2020
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Quando il Covid-19 sarà messo sotto controllo, i governi del Medio Oriente dovranno trovare le risorse per rimediare ai danni subiti. Sarà però difficile reperirle e a quel punto le proteste, silenziate per mesi, riesploderanno.


È impossibile prevedere quando e come i Paesi dell’Occidente usciranno dalla crisi indotta dal coronavirus. Sappiamo invece che cosa succederà, a quel punto, nei Paesi del Medio Oriente: una nuova, ancor più disperata ondata di proteste. L’emergenza sanitaria, infatti, è riuscita in un’impresa che governi, polizie ed eserciti avevano mancato, ovvero interrompere le proteste che, dall’Iraq all’Iran, dall’Algeria al Libano e all’Egitto, stavano scuotendo regimi di diverso orientamento, tutti però giudicati inadempienti o fallimentari da larghe o larghissime fasce della popolazione. Una specie di seconda primavera araba che è stata messa a tacere dalla paura del contagio, anche se i problemi che l’avevano generata sono ancora tutti sul tappeto: l’inefficienza degli apparati amministrativi, la corruzione imperante a ogni livello di sistemi di governo dai metodi a dir poco opachi (una ricerca della Banca Mondiale ha calcolato tra il 7 e il 14 per cento la percentuale di reddito sottratta ogni anno ai cittadini dalle ruberie istituzionalizzate), l’instabilità permanente, la violenza nel rapporto tra Stato e cittadini, la disoccupazione o l’occupazione informale senza garanzie né prospettive.

Prima del virus, i protagonisti delle manifestazioni erano i giovani e i giovanissimi, che incarnano il vero drammatico problema della regione. In Medio Oriente bambini, adolescenti e giovani (fino ai 25 anni) formano il 50 per cento della popolazione totale. Un enorme serbatoio di energie perennemente deluso e quindi, come abbiamo visto in questi anni, pronto a far esplodere rabbia e sfiducia.

Quando il virus sarà messo sotto controllo, i governi di quei Paesi dovranno trovare le risorse per rimediare ai danni subiti. Non potranno certo mobilitare le risorse di cui si parla in Europa o in America. E non troveranno facile accesso alle casse dei Paesi occidentali, a loro volta già impegnati allo spasimo. In più, è drasticamente calato il flusso delle rimesse degli emigrati (meno 100 miliardi di dollari nei primi tre mesi della crisi), risorsa che contribuiva a tenere in equilibrio il bilancio di milioni di famiglie mediorientali. Stiamo parlando di governi che già avevano tradito le attese dei loro cittadini e che hanno approfittato del clima plumbeo di questa crisi per reprimere ancor più il dissenso e la critica. Possiamo davvero aspettarci che di colpo, dopo l’impatto del virus, trovino le risorse ma soprattutto il coraggio, l’energia, la capacità e l’onestà per essere all’altezza della sfida? Toccherà di nuovo ai giovani suonare l’allarme. E speriamo che il bilancio non diventi troppo drammatico.


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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