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Fra riti e multe, la Pasqua ortodossa in Terra Santa

Beatrice Guarrera
21 aprile 2020
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Fra riti e multe, la Pasqua ortodossa in Terra Santa
Betlemme, festeggiamenti in strada non autorizzati in occasione della Pasqua ortodossa.

Anche le celebrazioni pasquali delle Chiese orientali, culminate il 19 aprile, sono state condizionate dalla pandemia (con multe pesanti per qualche fedele). Gli aiuti per i cristiani d'Oriente


Nessuno a Gerusalemme ha memoria di una Pasqua come quella di quest’anno, con le strade della Città Vecchia così vuote e le celebrazioni del Santo Sepolcro chiuse ai fedeli. Eppure, nonostante la mancanza delle chiassose sfilate di scout e della folla costante nei vicoli del quartiere cristiano, non sono mancati i canti religiosi trasmessi a tutto volume dagli altoparlanti e il suono regolare delle campane della Chiesa della Resurrezione.

Dopo la Settimana Santa dei cattolici, anche le Chiese ortodosse, che seguono il calendario giuliano, hanno celebrato la Pasqua. Le liturgie previste al Santo Sepolcro non hanno subito variazioni, secondo lo Status Quo (pur essendo state chiuse ai fedeli), ma ci sono stati piccoli cambiamenti dovuti alla situazione contingente.

Mentre i cattolici hanno rinunciato al rito della Lavanda dei piedi del Giovedì Santo, gli ortodossi hanno deciso di compiere ugualmente il rito all’interno del Patriarcato greco-ortodosso, invece che di fronte all’ingresso del Santo Sepolcro, dove ha luogo di solito. L’evento è stato trasmesso in streaming e seguito da migliaia di persone, così come gli altri appuntamenti della Settimana Santa ortodossa.

Il giorno più atteso è stato come sempre il «Sabato della Luce», come viene chiamato il Sabato di Pasqua in cui si svolge il rito del Fuoco Santo. Alla celebrazione, partecipata da migliaia di cristiani ortodossi di tutto il mondo, che si riversavano nella Città Vecchia già dai giorni precedenti, hanno assistito quest’anno solo pochi religiosi. A mezzogiorno del 18 aprile il Patriarca greco-ortodosso Teofilo III è entrato in chiesa e ha girato per tre volte intorno all’Edicola che contiene il Sepolcro di Gesù. Portando due fasci di 33 candele, è entrato poi da solo nella tomba, dove, dopo essersi inginocchiato, ha recitato una speciale preghiera per la venuta del Fuoco. Secondo i cristiani ortodossi, dopo questa preghiera si ripete il miracolo della luce del Risorto che scende nella Tomba e accende la lampada, portata nel sepolcro spenta. Anche quest’anno, appena Teofilo III è uscito dall’Edicola, il Fuoco Santo è stato distribuito ai presenti, per essere portato nel quartiere cristiano e nel quartiere armeno e per raggiungere poi le Chiese di tanti altri Paesi orientali.

I festeggiamenti costati cari

Nonostante le restrizioni annunciate dal governo israeliano che proibivano gli assembramenti, alcuni cristiani della Città Vecchia di Gerusalemme sono scesi in strada per festeggiare l’arrivo del Fuoco Santo. È tradizione locale, infatti, cantare la gioia della resurrezione di Gesù con canti e balli per le vie, caricando sulle spalle i portatori delle fiaccole con il Fuoco Santo. Sono diversi coloro che non hanno voluto rinunciare a questo momento, incuranti delle norme per la sicurezza pubblica e personale. Davanti alla folla per le strade, la polizia israeliana non ha preso provvedimenti immediati, ma poi, alle due di notte del Sabato Santo, ha fatto irruzione nel quartiere cristiano e comminato multe dal valore di cinquemila shekel. Circa centocinquanta sarebbero i cittadini multati, che dovranno pagare un importo pari a un salario mensile.

Per alcuni cristiani della Città Vecchia è stato dunque un Sabato Santo con una conclusione spiacevole, che ha scatenato nei locali reazioni contrastanti. C’è chi rimprovera ai partecipanti di questo assembramento non autorizzato di aver avuto un atteggiamento irresponsabile e chi, invece, lamenta una scorrettezza da parte delle autorità israeliane per non avere reagito nell’immediato e aver aspettato la notte per prendere provvedimenti. Qualcun altro ancora contesta le multe, sostenendo che agli ebrei ultraortodossi di Mea Sharim o di altri quartieri non sia stato applicato lo stesso trattamento, ma che siano stati solo dispersi, se trovati a radunarsi in spazi pubblici.

Aiuti di emergenza ai cristiani d’Oriente

Anche papa Francesco domenica 19 aprile, prima del Regina Coeli nella chiesa di Santo Spirito in Sassia a Roma, ha voluto fare gli auguri ai fratelli che hanno celebrato la Pasqua ortodossa: «Insieme annunciamo: “Davvero il Signore è risorto!”. Soprattutto in questo tempo di prova – ha detto il Papa – sentiamo quale grande dono è la speranza che nasce dall’essere risorti con Cristo! In particolare, mi rallegro con le comunità cattoliche orientali che, per motivi ecumenici, celebrano la Pasqua insieme con quelle ortodosse: questa fraternità sia di conforto là dove i cristiani sono una piccola minoranza».

Gli auguri del Papa arrivano il giorno successivo a un comunicato della Congregazione per le Chiese orientali (Cec) che testimonia ancora di più la vicinanza del pontefice ai cristiani d’Oriente. La Cec ha annunciato l’istituzione di un fondo di emergenza per il coronavirus, in risposta all’invito di papa Francesco di non abbandonare i sofferenti in questo tempo di pandemia, specialmente i più poveri. Il fondo è stato creato grazie alla collaborazione tra l’Associazione cattolica per il welfare nel Vicino Oriente (Cnewa) e la Missione Pontificia in Palestina, in costante contatto con la Roaco (Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali).

Il primo passo è stata la donazione a nome del Santo Padre di dieci ventilatori polmonari in Siria, in collaborazione con l’ong Avsi, da suddividere nelle tre strutture per le quali è attivo il progetto «Ospedali Aperti». Per la Terra Santa sono stati donati tre ventilatori polmonari all’Ospedale Saint Joseph di Gerusalemme, oltre all’acquisto e alla fornitura di kit diagnostici per Gaza e a un contributo straordinario alle attività dell’Ospedale della Sacra Famiglia (Holy Family) a Betlemme.

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