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Israele-Palestina, dal dolore comune alla speranza

Beatrice Guarrera
28 aprile 2020
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Israele-Palestina, dal dolore comune alla speranza
L'immagine simbolica scelta quest'anno per promuovere il ricordo comune delle vittime del conflitto tra israeliani e palestinesi.

In queste ore Israele ricorda i suoi caduti e le vittime del terrorismo. Ma molti dei suoi cittadini scelgono di non dimenticare neppure i lutti dei palestinesi. Perché dalla condivisione del dolore può germogliare la riconciliazione.


Un colpo di arma da fuoco, una pietra scagliata a morte, una coltellata letale in petto. E poi più nulla. Se ne vanno via così le vittime del conflitto israelo-palestinese: strappate alla vita dalla violenza, senza lasciare altro che un accecante dolore nei propri cari. Un dolore che ieri sera, 27 aprile, non pochi israeliani e palestinesi hanno voluto condividere nella quindicesima edizione della cerimonia per il Giorno della Memoria israelo-palestinese.

L’iniziativa si svolge da quindici anni nella data in cui Israele commemora Yom HaZikaron, il Giorno della Memoria per i caduti di guerra e le vittime del terrorismo, e ha l’obiettivo di raccontare tutte le storie dei caduti del conflitto, comprese quelle dei palestinesi, «condividendo il dolore e portando speranza», come recita la frase scelta per la promozione. L’evento, che nel 2019 ha riunito migliaia di persone a Tel Aviv, si è svolto quest’anno esclusivamente online, a causa dell’emergenza sanitaria. Nonostante le difficoltà, gli organizzatori hanno registrato numeri da record con circa 170 mila connessioni per la diretta web.

Il dolore condiviso

A volere anche questa edizione 2020 sono state le due organizzazioni Combatants for Peace (Combattenti per la pace) e The Parents Circle Families Forum (il Forum delle famiglie israeliene e palestinesi in lutto) composte da ex combattenti e da nuclei famililari con lo stesso peso da portare: la morte di un congiunto, a causa del conflitto.

Nel corso dell’evento online due conduttori, collegati da Tel Aviv e da Ramallah, hanno introdotto alcune testimonianze in arabo e in ebraico. Hagai Yoel, del kibbutz Ramat Rachel, ha raccontato dell’uccisione di suo fratello Eyal nel 2002 a Jenin, durante l’operazione Scudo di difesa. Tal Kfir, di Gerusalemme, ha parlato della perdita di sua sorella Yael, nel 2003, a causa di un attacco terroristico a Tsrifin. Yusra Mahfoud, del campo profughi di Al-Arroub vicino a Hebron, ha condiviso la storia della morte del figlio Ala’, 14 anni, colpito e ucciso dai soldati israeliani nel 2000. Yacoub al-Rabi, originario del villaggio di Bidya, ha raccontato con commozione gli ultimi istanti di vita di sua moglie, Aisha, colpita a morte due anni fa da una pietra lanciata da coloni israeliani.

Incontrarsi in Rete

Sono storie di disperazione, che hanno portato ognuno di loro a fare i conti con la rabbia e poi con la necessità di andare avanti. «Ho incontrato persone che condividono il mio stesso dolore», ha detto Yusra. «La riconciliazione è meglio della vendetta», ha affermato Tal. «Non sono mai stato un combattente, non ho mai preso parte a questa battaglia, ma tutti noi perdiamo vittime da questo conflitto – ha detto Yacoub –. Io credo allora che se sono stati gli uomini a iniziarlo, sono gli umani che devono farlo cessare».

Dopo la cerimonia, c’è stata la possibilità di avere un dialogo più ravvicinato con altri dieci parenti di vittime del conflitto israelo-palestinese, attraverso dei gruppi sull’applicazione Zoom a cui si sono connesse più di 500 persone nello stesso momento. Tra di loro Gili Meisler, un israeliano che ha perso il fratello Giora nella guerra dello Yom Kippur del 1973. «Molti mi chiedono se credo se arriverà mai la pace tra israeliani e palestinesi – ha commentato Gili –. Io dico di sì, perché se guardiamo alla storia, è già successo per altri conflitti. Succederà. E nessuno mi convincerà che il conflitto israelo-palestinese sia qualcosa di diverso».

La cerimonia per il Giorno della Memoria Israelo-palestinese era stata trasmessa lo scorso anno anche a Gaza dell’attivista Rami Aman, arrestato il 9 aprile 2020 da Haimas e imprigionato insieme ad altri sei attivisti, membri del Comitato giovani di Gaza (Gaza Youth Comittee), organizzazione da poco entrata a far parte del circuito Alleanza per la pace in Medio Oriente (Alliance for Middle East Peace – Allmep). I giovani gazawi sarebbero accusati di portare avanti attività di «normalizzazione», per aver partecipato a una videochiamata in cui raccontavano ad alcuni israeliani la loro vita a Gaza ai tempi del Covid-19. Per loro Allmep ha lanciato un appello in Rete, affinché la comunità internazionale possa intervenire ottenendo la liberazione degli attivisti.

Sul versante israeliano

In Israele le celebrazioni ufficiali per il Giorno della Memoria per i caduti di guerra e le vittime del terrorismo sono iniziate lunedì 27 marzo, quando alle otto di sera le sirene hanno risuonato per un minuto in tutto il Paese. Ha avuto luogo poi una cerimonia nel piazzale antistante il Muro occidentale (Muro del Pianto) a Gerusalemme, di solito molto affollata, ma che quest’anno ha visto la partecipazione delle sole autorità. A causa delle restrizioni, infatti, è impedito ai cittadini israeliani uscire di casa senza validi motivi e sono stati chiusi anche i cimiteri, per impedire assembramenti e spostamenti. Prendendo la parola il presidente Reuven Rivlin ha espresso la sua vicinanza ai cittadini: «Quest’anno non possiamo piangere insieme, ma ricorderemo le due promesse che sono alla base dell’alleanza di Israele: costruire una vita adeguata, tranquilla e sicura per i nostri figli e riportarli a casa ad ogni costo, anche se non ce l’hanno fatta a tornare dalla battaglia». Secondo il ministero della Difesa, sono 23.816 i caduti dall’inizio del movimento sionista (il conteggio parte dal 1860), e 4.166 le vittime del terrorismo.

Questa mattina alle 11 in tutto il Paese hanno suonato nuovamente le sirene. Un’altra speciale cerimonia s’è svolta nel cimitero del Monte Herzl in onore dei caduti. Al tramonto si entrerà in un altro giorno importante per gli israeliani, Yom haAzmaut, in ricordo di quel maggio 1948 in cui David Ben Gurion lesse la dichiarazione di indipendenza di Israele.


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