Non c’è servizio televisivo, giornale (cartaceo oppure on-line), radio e social che non rilanci di questi tempi (giustamente) l’emergenza coronavirus. Anche noi ce ne occupiamo diffusamente (vedi al proposito a p. 6) seguendo l’evoluzione della pandemia, specie nei Paesi del Medio Oriente. Il virus si sta diffondendo anche sull’altra sponda del Mediterraneo: Israele, Palestina, Egitto, Siria, Striscia di Gaza…
La pandemia ha avuto un gravissimo impatto sul turismo religioso e i pellegrinaggi, sia a causa dello stop ai voli, sia a causa delle massicce cancellazioni (ne parliamo a p. 15). Tradotto in pratica: un ennesimo colpo alla presenza cristiana in quelle terre, legata quasi indissolubilmente alle possibilità di lavoro generate dai pellegrinaggi (ospitalità, servizi, artigianato…).
La situazione determinata dal virus ha comportato come conseguenza la messa in ombra se non l’oscuramento di altre notizie, la cui drammaticità resta in tutta la sua portata. Mi riferisco alla situazione umanitaria della Siria, dove nel solo governatorato di Idlib si contano nelle ultime settimane quasi un milione di profughi. O alle isole dell’Egeo (Kos, Lesbo, Rodi), dove si sta facendo insostenibile la pressione dei disperati, come pure sta avvenendo nel nord della Grecia. Poi c’è il Libano, dove il tracollo economico, insieme al peso di un milione e mezzo di profughi, sta facendo precipitare il Paese nel baratro. C’è anche il capitolo dimenticato della guerra nello Yemen, dove si sta consumando una tragedia umanitaria di proporzioni enormi… Presi dalla nostra situazione (oggettivamente preoccupante, soprattutto se vista da Milano), questi drammi sfumano, rischiano di perdersi sullo sfondo dei problemi quotidiani.
Se c’è un piccolo ruolo che possiamo svolgere in questa crisi, sta proprio nell’invito ad alzare lo sguardo. Beninteso, non per minimizzare o relativizzare quello che sta accadendo in Italia e in Europa. Quanto per fare memoria che, soprattutto nelle difficoltà, l’umanità deve riscoprire le ragioni profonde della sua unità.
Nelle scorse settimane sulle mura di Gerusalemme (dove comincia a farsi pesante la conta dei contagiati), è apparsa un’enorme scritta di solidarietà all’Italia. Nelle comunità cristiane di Palestina, Striscia di Gaza, perfino nella martoriata Siria distrutta dalle bombe o ancora sottomessa ai gruppi terroristici, si prega per l’Italia, per i nostri morti e i nostri ammalati. E perché si trovi presto un modo per uscire dall’emergenza.
Da laggiù, pur nella sofferenza infinita di anni di guerra, privazioni e morte, si trova la forza di uno slancio di solidarietà e comunione che fa bene al cuore.
Eco di Terrasanta 3/2020
Cedere al suo amore liberamente
Per vivere la «comunione» in senso evangelico non possiamo fare affidamento sulle nostre forze o sulla nostra iniziativa. Dobbiamo «aver parte» con Gesù, in quanto Lui ci ama sino alla fine