(m.b.) – Almeno 4 milioni e 800 mila bambini sono nati in Siria dall’inizio della guerra (2011), un altro milione è nato nei campi profughi, mentre altri 9mila sono stati uccisi o feriti nel conflitto. È il crudo bilancio tracciato dall’Unicef nei giorni in cui è entrata nel decimo anno quella che era iniziata nel 2011 come una protesta non violenta ed è diventata sempre di più una guerra per procura tra potenze internazionali e attori regionali. Per milioni di minori siriani – ancora una volta la categoria sociale più vulnerabile – significa iniziare il secondo decennio di vita in un contesto di morte, violenza, estrema precarietà, ha denunciato la direttrice generale dell’Unicef Henrietta Fore.
A questo si aggiunge il dramma del reclutamento di circa 5 mila bambini soldato, alcuni di appena 7 anni secondo le stime dell’Unicef, mentre rimangono in un limbo giuridico e geografico, privati di identità, di cittadinanza e di futuro, circa 3 mila minori figli di foreign fighters occidentali reclusi insieme alle madri nelle prigioni a cielo aperto dei campi di al-Hol e di Roj nel Nord-Est della Siria. Senza contare le migliaia di scuole e ospedali ridotti in macerie dai bombardamenti che hanno lasciato senza istruzione (e senza assistenza sanitaria) 2 milioni e 800 mila bambini dentro e fuori la Siria a cominciare dal Libano, un Paese dagli equilibri fragilissimi che con un milione e mezzo di profughi oltre ai suoi quattro milioni di abitanti sta sostenendo da anni la pressione della più alta concentrazione al mondo di profughi rispetto alla popolazione (156 ogni mille abitanti; in Italia siamo a 5 ogni mille).
I più autorevoli organismi ecclesiali internazionali, a cominciare dalla Caritas, sono da molti anni in prima linea per ridurre l’impatto della guerra sui bambini, più profondo che su qualsiasi altra fascia sociale. Due scuole su cinque sono oggi inutilizzabili o perché in rovina o gravemente danneggiate, o perché utilizzate come rifugio dalle famiglie sfollate o presidi militari.
L’offensiva del governo sulle ultime roccaforti dei ribelli nella zona di Idlib, nel nord-ovest della Siria – dove per gli osservatori internazionali si sta consumando la più grave tragedia umanitaria di questo primo ventennio del XXI secolo – avrà conseguenze pesantissime per i bambini, ha avvertito Ted Chabain, direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. I combattimenti in quella zona infatti hanno provocato più di 960 mila sfollati, fra i quali 575 mila bambini.