Aleppo, l’ennesimo bombardamento aereo: una donna all’ultimo mese di gravidanza, ferita e sfigurata, è sottoposta a un intervento cesareo di urgenza. Il neonato, estratto per i piedi, pare morto. Tace. Mentre gli praticano tutte le azioni necessarie per la rianimazione cardiopolmonare, la telecamera indugia sul viso terreo, gli occhi chiusi. Due minuti terribili presentati senza filtri, senza pudore verso la suscettibilità dello spettatore… Vita e morte sono gettate in faccia con la crudeltà che sperimenta davvero solo chi vive dentro a una guerra. Il tempo passa, cresce lo sgomento. La rianimazione si fa sempre più energica. È raggelante la sensazione di stare assistendo a una morte, causata dalla violenza degli uomini, all’essere più innocente che ci sia.
Dopo cento secondi, gli occhi si aprono: il pianto del neonato scioglie lo strazio. «Anche la madre è salva», esclama l’autrice con parole che accompagnano ogni momento. «È un miracolo. Ci dà la forza per rimanere a lottare. Come te, Sama».
È alla figlia Sama, anche lei nata in piena guerra, che la videomaker siriana Waad al-Khateab dedica For Sama (in Italia uscito con il titolo Alla mia piccola Sama). Un potente lavoro di testimonianza, di cui la scena del neonato è solo un episodio. Waad è capace di riprendere tutto con mano ferma: l’operazione, la rianimazione. Si inserisce nell’équipe della sala operatoria, che accoglie di continuo feriti di ogni età, svolgendo un compito, anch’esso necessario alla sopravvivenza, testimoniare.
Waad al-Khateab è una giovane studentessa ad Aleppo quando nel 2011 si organizzano i primi movimenti pacifici di protesta contro il governo del presidente Bashar al-Assad. Partecipa alle manifestazioni con il suo amico Hamza. Entrambi credono nel cambiamento, come tanti giovani dei Paesi arabi. Ma i movimenti vengono repressi e la Siria sprofonda nella guerra civile. Waad riprende per cinque anni la vita ad Aleppo, raccoglie più di 300 ore di filmato. Fa parte di coloro che restano: Hamza, uno dei pochi medici rimasti a curare i feriti nella zona assediata, diventa suo marito, insieme danno alla luce Sama. Due giovani genitori e la loro piccola: possono abbandonare la città, ma scelgono di resistere. Restare o partire? È una domanda che la regista rivolge spesso, a se stessa e agli altri.
Crescere una bambina in zona di conflitto
Dall’estate del 2012 fino alla fine del 2016 Aleppo è stata prima linea della guerra, divisa in due: la metà occupata dagli oppositori al governo ha subito attacchi missilistici dalle forze di Assad e bombardamenti aerei degli alleati russi, che non hanno risparmiato case e nemmeno ospedali. La zona orientale della città, dove è stato girato il documentario, per tre anni è stata in mano ai ribelli dell’Esercito libero siriano e a formazioni estremiste come il Fronte al-Nusra e altre formazioni jihadiste minori, alla fine sconfitte.
Sirene degli allarmi, feriti nelle corsie, cadaveri. Il pianto di un ragazzo sconfortato, gli ostacoli della sopravvivenza quotidiana, ma anche battute di spirito, un fiore che sboccia in giardino. Sama sorride tra le braccia della madre, durante una fuga nei nascondigli per ripararsi da un bombardamento. Mille aspetti della vita in guerra della popolazione sono raccontati in modo diretto. For Sama diventa così un’opera intima e universale: unisce la dimensione personale dell’amore per la propria bambina nata sotto le bombe, alla quale lascia un racconto della vita tristemente eccezionale, e un film che restituisce molte dimensioni della realtà più generale.
Dal marzo 2011 quasi 4,8 milioni di bambini siriani sono nati in un Paese devastato dalla guerra. Come ha ricordato Henrietta Fore, direttrice dell’Unicef, si entra nel decimo anno di conflitto e milioni di bambini non hanno conosciuto altro che violenza, morti e sfollamenti. For Sama fornisce allo spettatore una sorta di elettrochoc, scuotendolo dall’indifferenza che una guerra lunga raccontata spesso con distacco e faziosità hanno reso lontana.
Premiato al Festival di Cannes 2019 come migliore documentario, e con una nomination agli Oscar, il film è arrivato nelle sale italiane alla metà di febbraio. Alla mia piccola Sama (Gran Bretagna – Siria, 2019, durata 100 minuti) è stato realizzato insieme al regista britannico Edward Watts ed è ora facilmente reperibile in streaming.
Il documentario ha il pregio, poi, di ricordare che c’è stato un movimento di opposizione non violenta, che chiedeva spazi di libertà e democrazia, ed è stato soffocato. Con l’andare degli anni la lettura semplificata dell’intricato conflitto si è ridotta a quella di un governo «legittimo», aiutato da russi e iraniani, che «libera» porzioni di territorio occupati da terroristi, jihadisti, collaborazionisti di potenze straniere. La storia della Siria degli ultimi anni non è stato solo questo. Ma, al di là delle letture politiche, For Sama è un atto di verità e di umanità. Un’opera fatta per continuare a vivere. (f.p.)