(g.s.) – Anche la Terra Santa si misura con la patologia Covid-19, generata dal coronavirus rilevato per la prima volta a Wuhan, in Cina, nel dicembre scorso.
La situazione è fluida. Secondo il calcolo aggiornato di ora in ora dai media, in Israele il numero delle persone certamente contagiate al 10 marzo è salito a 58. Tra gli ultimi casi registrati, alcuni si sarebbero contagiati nel corso di viaggi in Germania, Austria e Azerbaigian. I primi due casi facevano parte di un gruppo di crocieristi imbarcati sulla Diamond Princess – ancorata “in quarantena” nel porto giapponese di Yokohama dal 3 febbraio – e rimpatriati, insieme ad altri 9, con un volo speciale venerdì 21 febbraio. Altri 4 israeliani contagiati sulla nave erano stati ricoverati in Giappone e poi sono rientrati in Israele. Dove il virus è giunto anche dall’Italia, attraverso un israeliano rientrato il 23 febbraio con un volo El Al. Il governo ha chiesto a tutti coloro che lo hanno frequentato di autoimporsi la quarantena e di compilare un apposito modulo online disponibile nel sito Internet del ministero della Salute. In effetti tra i clienti del negozio di giocattoli che l’uomo gestisce a Or Yehuda sono stati riscontrati alcuni degli ultimi contagi conclamati.
L’allarme scatta da Seoul
Le misure più drastiche sono scattate in Israele domenica 23 febbraio, dopo che dalla Corea del Sud era giunta la notizia che almeno 9 pellegrini cattolici sudcoreani, appena rientrati da un pellegrinaggio in Terra Santa, risultavano infetti da coronavirus. Nel suo sito Internet, il ministero della Salute israeliano ha reso noti tutti gli spostamenti del gruppo che ha generato preoccupazione, per consentire a chi lo avesse incrociato di verificare con attenzione le proprie condizioni di salute. Nella mattinata di lunedì 24, il quotidiano The Korea Herald riferisce che il numero dei pellegrini di rientro dalla Terra Santa e positivi ai testi sul Covid-19 è salito a 39.
Le autorità israeliane hanno creato una cabina di regia nazionale per l’emergenza. Il ministero della Salute ha rammentato ai cittadini che violare la prescrizione di quarantena è un reato penale, sanzionato con la reclusione fino a 7 anni se la quarantena viene violata intenzionalmente e fino a 3 anni se la violazione deriva da negligenza.
Anche l’Autorità palestinese ha messo gli ospedali in preallarme. Al varco di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, sono state installate telecamere ad infrarossi per il telerilevamento della temperatura corporea. Piccole unità di isolamento attendono le eventuali persone infette. Le autorità esortano ad evitare ogni viaggio all’estero non strettamente necessario. Il 5 marzo il presidente Mahmoud Abbas ha dichiarato per un mese lo stato d’emergenza in tutti i Territori, in base al quale sono tra l’altro scoraggiati i movimenti da una città all’altra. Come riferisce l’agenzia Wafa, sono anche vietate manifestazioni, scioperi, eventi, celebrazioni e assembramenti.
Sin da sabato 22 febraio Israele ha bloccato i voli provenienti dalla Corea del Sud, e nel giro di un paio di giorni ha organizzato il rimpatrio delle comitive coreane che ancora circolavano nel Paese tramite voli charter. Solo domenica 23 ne sono stati rimpatriati oltre 600.
In Israele quarantena per tutti i viaggiatori in arrivo
Con il diffondersi dell’epidemia da Covid-19 Israele ha bloccato l’accesso al Paese ai residenti in Cina, Hong Kong, Thailandia, Singapore, Macao, Corea del Sud, Giappone e Italia. Dopo aver tergiversato sull’opportunità di includere anche gli statunitensi tra i viaggiatori “attenzionati”, la sera del 9 marzo il governo israeliano chiede di autoimporsi 14 giorni di isolamento a tutti i viaggiatori che giungono nel Paese dall’estero. Gli stranieri che si trovano in viaggio in Israele sono invitati ad organizzare al più presto il rientro ai loro luoghi di provenienza.
Nella serata del 26 febbraio il ministero della Salute ha sconsigliato agli israeliani ogni viaggio all’estero non assolutamente necessario, alla luce del fatto che ormai il coronavirus si sta diffondendo in varie parti del mondo. La compagnia aerea El Al teme per la tenuta dei suoi conti: una contrazione dei viaggi potrebbe mettere in ginocchio le sue finanze nel giro di qualche settimana. Si ipotizzano mille licenziamenti. La mattina del 27 febbraio, l’ufficio del Turismo israeliano in Italia conferma che tutti coloro che entreranno in Israele dopo aver soggiornato in Italia negli ultimi 14 giorni saranno sottoposti a quarantena (la misura si applica già, precisa il ministero della Salute, a chi sia giunto in Israele dall’Italia dal 13 febbraio in avanti). Da Milano l’Ufficio del turismo israeliano invita gli operatori italiani a sospendere le partenze individuali o di gruppo verso la Terra Santa a decorrere dal primo marzo. Già nel pomeriggio del 27 febbraio voli provenienti dall’Italia vengono rinviati all’aeroporto d’orgine dopo aver sbarcato a Tel Aviv ed Eilat soltanto i passeggeri che dimorano in Israele. La stessa misura adottata sabato 22 per i voli provenienti dalla Corea del Sud.
Nel pomeriggio del 27 febbraio l’El Al ha comunicato la sospensione dei suoi voli per l’Italia (dal 28) e la Thailandia (dal 2 marzo). Prolunga altresì, fino al 5 maggio, il blocco dei voli con destinazione Pechino e Hong Kong.
Dal 4 marzo sono sospese le conferenze ed eventi internazionali in programma in Israele.
Al 4 marzo si calcola che siano almeno 50 mila i residenti in Israele in quarantena (per lo più presso i loro domicili). Tra costoro ci sono anche il Custode di Terra Santa, frate Francesco Patton, e gli arcivescovi Pierbattista Pizzaballa, latino, e Moussa El-Hage, maronita, reduci dall’incontro di Bari del 19-23 febbraio tra i vescovi del Mediterraneo. Anche l’ausiliare del patriarcato latino, mons. Giacinto Boulos Marcuzzo ed altri membri del clero patriarcale latino, rientrati da un incontro a Roma, hanno adottato simili precauzioni. Misure prese ad Amman, in Giordania, anche da mons. William Shomali.
Nella serata dello stesso 4 marzo il governo ha ampliato le restrizioni e disposto la quarantena di 14 giorni anche per coloro che sono rientrati da un viaggio in Francia, Germania, Svizzera, Spagna, Austria. Di fatto, ciò implica il tenere fuori i viaggiatori stranieri provenienti da quei Paesi, tutti accomunati da un aumento dei casi di Covid-19 acclarati. Le misure decise il 4 marzo dal ministero della Salute hanno suscitato anche critiche e perplessità per le ripercussioni negative che provocheranno sull’economia nazionale.
Il Patriarcato latino di Gerusalemme – che, lo ricordiamo, estende la propria giurisdizione sulle comunità cattoliche di rito latino in Israele, Palestina, Giordania e Cipro – ha disposto che le acquasantiere nelle chiese vengano lasciate vuote e che durante le messe si eviti lo scambio della pace. Al momento della comunione, i fedeli dovranno ricevere l’ostia consacrata sulle mani e non direttamente in bocca.
Dal canto suo, il 5 marzo, frate Salvador Rosas Flores, presidente della comunità francescana che vive nel complesso della basilica del Santo Sepolcro, osserva: «Stiamo vedendo che giorno dopo giorno c’è sempre meno gente sia alla processione quotidiana che nella fila di coloro che vogliono entrare nell’edicola della tomba vuota di Gesù. Ma la vita nella basilica procede come sempre e anche le nostre preghiere notturne a porte chiuse. Per ora non ci sono disposizioni particolari. La gestione dei pellegrini che vogliono accedere alla tomba è dei monaci greco-ortodossi: sono loro che mettono le transenne e fanno scorrere la fila. Alcuni gruppi hanno cancellato le prenotazioni delle messe o semplicemente non si presentano. Noi frati continuiamo a celebrare normalmente le messe previste dallo Status Quo nell’area del Calvario e all’altare sulla tomba».
Il 12 marzo il governo israeliano decide la chiusura delle scuole e università fino a nuovo ordine. E chiede ai genitori di non affidare i bimbi ai nonni, per evitare la possibilità di contagiarli. Netanyahu spiega ai cittadini che l’epidemia è un fenomeno di gravità senza precedenti da quando esiste il moderno Stato di Israele. Vietati gli assembramenti con più di 100 persone.
I Territori Palestinesi escludono gli stranieri dagli alberghi
Al 9 marzo l’Organizzazione mondiale della sanità segnala 55 casi di contagio in Egitto, drastica impennata rispetto ai 2 segnalati solo fino a pochi giorni prima.
La mattina del 5 marzo l’Autorità Palestinese dichiara l’emergenza a Betlemme e nei sobborghi, dopo che sono stati riscontrati i primi 4 casi di coronavirus in un albergo di Beit Jala. Viene disposta la chiusura per 14 giorni di moschee e chiese, inclusa la basilica della Natività. Sospesi gli eventi pubblici e sportivi e le lezioni a scuola. Anche l’Università (cattolica) di Betlemme ha interrotto l’attività didattica. L’emergenza è stata dichiarata anche a Gerico, riferisce l’agenzia ufficiale Wafa. Dal 6 fino almeno al 20 marzo turisti e pellegrini stranieri non avranno accesso agli alberghi dei Territori Palestinesi.
Al 10 marzo i casi segnalati nei Territori sono saliti a 26, tutti nell’area di Betlemme, tranne uno.
Neppure la Giordania è indenne
Il Regno hashemita di Giordania ha deciso il 24 febbraio di non consentire l’accesso ai cittadini italiani che non siano stati fuori dal loro Paese nelle due settimane precedenti l’arrivo in Giordania. La stessa decisione si applica ai viaggiatori provenienti da Cina, Corea del Sud e Iran. I cittadini giordani che dovessero rientrare in patria da uno dei quattro Paesi verranno sottoposti a quarantena. In Giordania, al 4 marzo, risulta un solo caso di positività al Covid-19 e si tratta di un cittadino tornato giorni prima da un viaggio in Italia. Le persone in quarantena a titolo precauzionale sono 43.
In Libano il 4 marzo il ministro della Salute, Hamad Hassan, assicura che la situazione del contagio è sotto controllo e che sono state adottate tutte le misure responsabili di concerto con l’Organizzazione mondiale della sanità. Scuole e università sono chiuse e il Paese ha bloccato tutti i viaggiatori non residenti provenienti da Cina, Corea del Sud, Iran e Italia. I casi ufficialmente censiti al 4 marzo sono 15, inclusa la paziente 1, ormai guarita, contagiatasi a Qom, in Iran. Anche le forze di interposizione delle Nazioni Unite (Unifil), di stanza nel sud del Paese, hanno messo in atto misure precauzionali a tutela dei loro 11 mila uomini, incluso il contingente italiano.
Gli stop dell’Arabia Saudita
La mattina del 27 febbraio l’Arabia Saudita ha deciso di bloccare temporaneamente l’arrivo di pellegrini stranieri ai luoghi più santi dell’Islam: La Mecca, Medina e le altre località meta di pellegrinaggio. Decisione attesa dopo che da Qom, città santa per gli sciiti in Iran, il contagio si è diffuso nei Paesi vicini, avendo proprio i pellegrini come involontari portatori. Le autorità frenano anche gli espatri di sauditi verso i Paesi vicini, limitando la libera circolazione: le carte di identità non basteranno per varcare le frontiere. Il 4 marzo il governo saudita decide di sospendere il pellegrinaggio ai principali luoghi santi islamici per chiunque, non solo gli stranieri ma anche i cittadini del regno. Uno solo è il caso ufficialmente registrato al 3 marzo.
(ha collaborato Beatrice Guarrera)
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Dubbi e domande sul nuovo coronavirus? Le risposte del ministero della Salute italiano
Ultimo aggiornamento: 12/03/2020 21:51