(g.s.) – Venerdì 20 marzo è morto in ospedale a Gerusalemme il primo israeliano (un uomo di 88 anni) a causa del Covid-19, mentre il numero degli infettati sta raggiungendo le 900 persone. I primi casi erano stati riscontrati neppure un mese prima. Nei Territori palestinesi i casi censiti sono ormai 52 e il focolaio è Betlemme; quasi quattromila palestinesi sono in quarantena. La città è stata isolata. Per le misure restrittive introdotte dai governi gli stranieri non possono più raggiungere la Terra Santa (a meno che non dimostrino di potersi mettere in isolamento per due settimane), fino al termine dell’emergenza. La florida stagione turistica del 2019, le lunghe file fuori dai santuari sembrano ormai un lontano ricordo.
Il governo israeliano adotta misure via via più stringenti: sono vietati assembramenti di più di 10 persone e tutti i cittadini sono invitati a restare in casa, salvo che per recarsi in farmacia o a fare la spesa di generi alimentari. Tra i più recalcitranti a rispettare i limiti ci sono gli ebrei ultraortodossi e gli arabi che non si rassegnano all’idea di non potersi recare sulla Spianata delle Moschee.
«In questo momento – dice il Custode di Terra Santa, fra Francesco Patton – è doveroso tutelare la salute delle persone. È giusto sospendere temporaneamente i pellegrinaggi, ed è giusto anche che siamo noi a pregare nei luoghi santi per tutti coloro che non possono venire a visitarli, per tutti quelli che nel mondo stanno soffrendo a causa della pandemia. Una preghiera quotidiana e incessante perché la pandemia cessi e perché si riesca a trovare un rimedio… Una preghiera incessante per gli ammalati, per gli infermieri, i medici… e per le persone che stanno soffrendo».