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Le giravolte della politica irachena

Elisa Pinna
17 febbraio 2020
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Cosa sta succedendo a Baghdad a un mese e mezzo dall’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, colpito da un drone statunitense il 3 gennaio scorso? Lo sciita Muqtada al Sadr è al centro della scena.


Sotto il cielo di Baghdad, milizie sciite che prima si combattevano tra filo e anti-iraniani appaiono ricompattate sull’allontanamento delle truppe americane dal Paese. Chi sosteneva i dimostranti, ora spara loro addosso. Il nuovo primo ministro, Mohammed Tawfiq Allawi – il cui nome è stato tirato fuori dopo mesi di vuoto politico da due miliziani ex nemici giurati –, promette giustizia e appoggio alle manifestazioni di piazza, ma nessuno tra i dimostranti gli crede. L’apertura di credito nei suoi confronti arriva invece da Teheran, dai grandi azionisti del sistema di potere iracheno, persino dai curdi. Insomma, che sta succedendo a Baghdad a un mese e mezzo dall’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, colpito da un drone statunitense il 3 gennaio scorso?

Per capire meglio gli sviluppi di questi giorni, occorre fare un passo indietro di alcune settimane e andare a Qom, la citta iraniana degli studi religiosi e teologici. Qui cominciava nella prima parte di gennaio una trattativa probabilmente impensabile se Soleimani fosse stato ancora vivo. Uno dei due negoziatori era il camaleontico religioso sciita iracheno Muqtada al Sadr, che a Qom possiede una casa. Sadr è un leader popolare in Iraq sin dai tempi della caduta di Saddam Hussein, famoso però, oltre che per le sue qualità militari e oratorie, per la sua inaffidabilità. Un po’ filo-iraniano, un po’ in lotta contro il vicino «grande fratello». Nel 2017 era stato ricevuto a Riyadh dal principe ereditario saudita Mohammad Bin Salman, il principale sponsor delle politiche di accerchiamento contro l’Iran. Nel 2018 aveva cominciato a distanziarsi più decisamente da Teheran fino a sposare la causa del movimento di protesta iracheno, nato da battaglie locali contro la disoccupazione giovanile e la corruzione dilagante, e radicalizzatosi specie nel 2019 in un antagonismo al sistema di potere iracheno e in un nazionalismo che ha aspetti anche di rifiuto delle interferenze iraniane. Il generale Soleimani , impegnato a cercare di risolvere la crisi irachena prima che sfuggisse di mano a Teheran, «era determinato ad escludere Sadr da qualsiasi accordo politico e ad emarginarlo», afferma un’alta fonte sciita alla testata digitale Middle East Eye. Dopo la sua morte tuttavia, «l’Iran ha deciso di cambiare completamente linea ed ora la tendenza è quella di tenere a bada Sadr, dandogli il ruolo che desidera».

Così a trattare con il volubile «chierico» iracheno è arrivato a Qom il pro-console degli iraniani a Baghdad, Hadi al-Amiri, capo del cartello delle milizie irachene filo-Teheran, finora principale antagonista di Sadr. I colloqui tra i due sono andati avanti per settimane , formalmente con gli iraniani come meri spettatori. Da quel che si capisce, Sadr e Amiri hanno raggiunto un accordo in più punti. Si è parlato di creare un fronte di «Resistenza» per cacciare le forze statunitensi dall’Iraq, la traduzione in termini concreti di quel «Fuori gli americani dal Medio Oriente», che la guida suprema iraniana, Ali Khamanei, aveva chiesto come rappresaglia all’omicidio di Soleimani e che il Parlamento iracheno aveva indicato in una sua mozione. Sadr avrebbe preteso di essere il leader della nuova coalizione delle principali milizie sciite. «Le milizie irachene filoiraniane hanno giurato fedeltà a Sadr e lo hanno riconosciuto come capo della Resistenza. Ciò fa parte della nuova politica iraniana», ha ancora spiegato l’alta fonte sciita. Sadr si sarebbe impegnato anche a tacitare le proteste in Iraq e a riportare l’ordine nel Paese. Pure su questo fronte, gli sarebbe stata data mano libera. Infine avrebbe indicato il nome del nuovo primo ministro, una persona a cui pensava fin da dicembre. Il negoziatore Amiri ha acconsentito. Così il primo febbraio, Mohammed Tawfik Allawi – politico di lungo corso, parente alla lontana sia di Moqtada Sadr sia del grande ayatollah Sistani, la massima guida spirituale del mondo sciita – ha ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo. Il 5 febbraio i miliziani di Sadr sono entrati in azione a Najaf, dando fuoco agli accampamenti dei manifestanti e accoltellando chi si opponeva. Sei morti, decine di feriti. Il giorno dopo, stessa scena a Kerbala, poi a Bassora e così via, mentre il primo ministro Allawi cercava un dialogo con la piazza e giurava protezione ai giovani e protezione all’Iraq di fronte a tutte le interferenze straniere, Iran compreso, linea che è propria anche dell’ayatollah Sistani.

Allawi vanta un curriculum da persona onesta ed estranea alla corruzione. Nelle prossime settimane si potrà capire la tenuta degli accordi di Qom e, nel caso che Allawi riesca davvero a formare il nuovo governo, se, sul tema della presenza delle truppe americane, avrà la forza – o la volontà – di seguire le indicazioni del Parlamento.


 

Perché Persepolis?

La città di Persepolis era il centro del mondo prima di Alessandro Magno e di Roma. Era simbolo di una stagione di convivenza e integrazione culturale per quell’immensa regione che chiamiamo Medio Oriente. Oggi le rovine della capitale politica dell’antico Impero Persiano si trovano nel cuore geografico di un’area che in pochi decenni ha visto e vede guerre disastrose, invasioni di superpotenze esterne, terrorismo, conflitti latenti e lacerazioni interne all’islam: eventi che sfuggono alle semplificazioni con cui spesso in Occidente si leggono le vicende di quel quadrante geografico e che richiedono pazienza nel ricercare i fatti e apertura nel valutarne le interpretazioni. È ciò che si sforzerà di fare questo blog, proponendo uno sguardo ravvicinato sulla cultura, la società, l’economia, la religione, le radici identitarie dell’Iran e dei territori a forte componente sciita, compresi tra il Mediterraneo e Hormuz, tra lo Yemen e l’Asia Centrale.

Elisa Pinna, giornalista e scrittrice, è stata vaticanista, inviata per il Medio Oriente e corrispondente da Teheran per l’agenzia Ansa, oltre che collaboratrice di diverse testate italiane. Ha scritto libri sul pontificato di papa Benedetto XVI, sulle minoranze cristiane in Medio Oriente, sull’eredità dell’apostolo san Paolo. Con le Edizioni Terra Santa ha pubblicato Latte, miele e falafel: un viaggio tra le tribù di Israele e contribuito a Iran, guida storica–archeologica.

 

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