Iran e Arabia Saudita hanno un nemico comune e subdolo: l'influenza aviaria che sta facendo strage di uccelli e rischia di contagiare l'uomo. Un'epidemia sarebbe ben più letale degli esiti del coronavirus.
Mentre in Estremo Oriente e in Occidente ci preoccupiamo per l’epidemia di coronavirus, al punto da alimentare allarmismi eccessivi, in Medio Oriente la psicosi collettiva è rimasta concentrata sull’influenza aviaria e a ragione. Accomunati in uno stesso destino sono i due Paesi l’un contro l’altro armati: l’Iran e l’Arabia Saudita.
Nel regno saudita è appena stato segnalato un focolaio di un virus dell’influenza aviaria particolarmente virulento. Ne dà notizia l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Oie), citando il locale ministero dell’Agricoltura, che rende noto come, nella regione centrale del Sudair, situata circa 150 chilometri a nord della capitale Riyadh, la malattia abbia già ucciso oltre 22 mila uccelli. Altri 385 mila sono stati macellati per precauzione.
Nel Paese non si parlava più di aviaria dal luglio 2018, ma sembra che la nuova emergenza sia comparsa prima in Vietnam, dove il ceppo H5N6 – un altro virale patogeno dell’aviaria di ceppo H5N8 responsabile della morte dei volatili in Arabia Saudita – ha portato alla morte 2.200 volatili in un villaggio del nord.
Contestualmente, è allarme in Iran per la morìa, finora senza alcuna spiegazione, di almeno 6 mila uccelli migratori, avvenuta nella penisola di Miankaleh, in provincia di Mazandaran. A riferirlo è l’agenzia ufficiale Irna, secondo cui le carcasse sono state rivenute lungo le sponde sudorientali del Mar Caspio, presso i villaggi di Galoogah e Qalehpayan, poco distanti dalla cittadina di Behshahr. Tra le specie più colpite ci sono il fenicottero, il mestolone comune e la folaga. Le organizzazioni veterinarie non si sono pronunciate in via ufficiale, ma secondo le autorità iraniane gli ultimi test avrebbero escluso l’aviaria o la malattia di Newcastle, non essendo stati riscontrati sugli uccelli sintomi quali lividi, sanguinamento e milza ingrossata.
Hossein-Ali Ebrahimi, capo del dipartimento ambientale della provincia di Mazandaran, conferma il divieto di caccia di qualsiasi specie di uccello migratore nella provincia orientale, fino a ulteriori informazioni, a garanzia della salute della popolazione. Al contempo è proibita anche la vendita dei volatili, sino a che non verranno fatti ulteriori accertamenti sulle cause della morte.
Nel frattempo, in via precauzionale le autorità hanno raccolto le carcasse e le hanno bruciate. Ebrahimi ha invitato tutta la popolazione di Mazandaran a non comprare o consumare uccelli selvatici, al fine di garantire la loro salute. Ali Aboutalebi, ambientalista della zona, sottolinea che negli ultimi anni si sono verificati casi analoghi di morti misteriose nelle foreste della zona; dalle analisi è emerso che alcuni uccelli risultavano allergici a un particolare tipo di alga e, più in generale, «le morie di volatili mostrano un alto rischio di avvelenamento o contaminazione».
L’inquinamento delle acque è uno dei motivi delle stragi di animali. Safar Ali Makenali, vicedirettore dell’Organizzazione di salute e prevenzione veterinaria, parla di possibile avvelenamento da botulino e l’origine della tossina sarebbe da ricercare nelle «radici di piante in decomposizione».
Per l’uomo la variante H5N1 dell’aviaria è assai più letale del coronavirus. Infatti, mentre quest’ultimo porta alla morte il 2 per cento dei contagiati, quasi il 60 percento dei pazienti affetti da H5N1 muore dopo aver contratto la malattia.
Perché Diwan
La parola araba, di origine probabilmente persiana, diwan significa di tutto un po’. Ma si tratta di concetti solo apparentemente lontani, in quanto tutti legati dalla comune etimologia del “radunare”, del “mettere insieme”. Così, diwan può voler dire “registro” che in poesia equivale al “canzoniere”. Dove registro significa anche l’ambiente in cui si conserva e si raduna l’insieme dei documenti utili, ad esempio, per il passaggio delle merci e per l’imposizione dei dazi, nelle dogane. Diwan, per estensione, significa anche amministrazione della cosa pubblica e, per ulteriore analogia, ministero. Diwan è anche il luogo fisico dove ci si raduna, si discute, si controllano i registri (o i canzonieri) seduti (per meglio dire, quasi distesi) comodamente per sfogliarli. Questo spiega perché diwan sia anche il divano, il luogo perfetto per rilassarsi, concentrarsi, leggere.
Questo blog vuole essere appunto un diwan: un luogo comodo dove leggere libri e canzonieri, letteratura e poesia, ma dove anche discutere di cose scomode e/o urticanti: leggi imposte, confini e blocchi fisici per uomini e merci, amministrazione e politica nel Vicino Oriente. Cominciando, conformemente all’origine della parola diwan, dall’area del Golfo, vero cuore degli appetiti regionali, che alcuni vorrebbero tutto arabo e altri continuano a chiamare “persico”.
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Laura Silvia Battaglia, giornalista professionista freelance e documentarista specializzata in Medio Oriente e zone di conflitto, è nata a Catania e vive tra Milano e Sana’a (Yemen).
Tra i media italiani, collabora con quotidiani (Avvenire, La Stampa, Il Fatto Quotidiano), reti radiofoniche (Radio Tre Mondo, Radio Popolare, Radio In Blu), televisione (TG3 – Agenda del mondo, RAI News 24, Tv2000), magazine (D – Repubblica delle Donne, Panorama, Donna Moderna, Jesus), testate digitali e siti web (Il Reportage, Il Caffè dei giornalisti, The Post Internazionale, Eastmagazine.eu).
Ha girato, autoprodotto e venduto vari video documentari. Ha vinto i premi Luchetta, Siani, Cutuli, Anello debole, Giornalisti del Mediterraneo. Insegna come docente a contratto all’Università Cattolica di Milano, alla Nicolò Cusano di Roma, al Vesalius College di Bruxelles e al Reuters Institute di Oxford. Ha scritto l’e-book Lettere da Guantanamo (Il Reportage, dicembre 2016) e, insieme a Paola Cannatella, il graphic novel La sposa yemenita (BeccoGiallo, aprile 2017).