Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Gesù incontrato in un sorriso

frate Francesco Ielpo *
25 febbraio 2020
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Gesù incontrato in un sorriso
Rembrandt, Il rinnegamento di san Pietro (dettaglio), 1660, Rijksmuseum, Amsterdam

Le prove più dure dell’esistenza, come accettare che la vita terrena finisce, si possono superare anche grazie a piccoli inaspettati incontri che fanno dire: «Signore, sia fatta la tua volontà»


È mattino presto, il pellegrinaggio volge al termine e, mentre prendo un caffè italiano al bar della Casa del pellegrino, si avvicina Giuseppe (il nome è di fantasia) e chiede di parlarmi. Non conosco la sua storia: è appena andato in pensione con mille sogni e progetti nella mente. Un esame medico per accertamenti e la diagnosi che nessuno vorrebbe mai sentirsi dire: tumore osseo in stato avanzato e senza cure: sei mesi di vita.

Subito la decisione di iscriversi al pellegrinaggio e venire in Terra Santa il prima possibile.

Un respiro profondo, un attimo di silenzio e comincia a raccontarmi che da ragazzo aveva incontrato il Movimento dei Focolari con cui aveva iniziato un bel cammino di fede. Durante un ritiro, Chiara Lubich gli aveva comunicato la Parola di Vita che lo avrebbe accompagnato: «Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette”» (Vangelo di Matteo 18, 21-22).

Nella sua vita Giuseppe si è sempre fidato di Dio anche quando le circostanze e le vicende della vita mostravano tutta la loro drammaticità: «Mi sono sempre fidato – mi racconta –. Anche quando non capivo, continuavo a fidarmi per poi scoprire, nel tempo, che il disegno di Dio era sempre il meglio per me!».

Non c’è stato giorno in cui Giuseppe non ha dovuto mettere in pratica quella Parola di vita ascoltata da ragazzo. Ha dovuto perdonare nell’ambito lavorativo, familiare e delle amicizie. E dopo la cruda sentenza della diagnosi ha detto a se stesso: «Adesso devo perdonare Dio!». Ma non riusciva a capire, ad accettare e a perdonare.

Era troppo. Ma soprattutto, mi confida, non aveva più la capacità di recitare davvero il Padre nostro.

Certo, poteva pronunciare le parole, una dietro l’altra, ma la preghiera è altro. È rapporto intimo e vero con Dio e quindi non riusciva a pregare «sia fatta la tua volontà». Per tutta la vita aveva pregato, si era fidato e affidato, ma questa volta non più.

Quella mattina, in un bar di Gerusalemme, si avvicina a me per dirmi che mi ero sbagliato: pochi giorni prima avevo detto, a proposito di san Pietro, che nel cenacolo aveva promesso di esser disposto a dare la sua vita per il Maestro, ma qualche ora dopo, davanti ad alcune serve del Sommo Sacerdote, l’aveva rinnegato e che, in fondo, è ciò che accade nella vita di ciascuno.

Giuseppe, riprendendo le mie parole, mi guarda serio e afferma: «Ti sbagliavi. Io ora sono pronto».

Così, trattenendo le lacrime dalla commozione, mi racconta di quanto accaduto qualche giorno prima durante un incontro con alcuni cristiani locali. «Il sorriso di Samuele (anche questo, un nome di fantasia) mi ha cambiato. Quel volto sorridente, in pace, pieno di letizia, mi ha riconciliato con Dio! Mentre si intratteneva con noi, senza dire parole solo attraverso quel sorriso, mi ha aiutato a dire “sia fatta la tua volontà”. Adesso sono pronto a dare tutta la mia vita a Cristo. Quel sorriso ha messo tutte le cose a posto. Adesso sono pronto: questo è il meglio per me! Ti prego, diglielo!».

Giuseppe si ferma un attimo mentre io penso che per una volta sono proprio contento di essermi sbagliato. Quello che gli è accaduto e che sta condividendo con me è davvero grande. È la documentazione di come il Signore Gesù, vivo e risorto, si rende ancora oggi incontrabile e teneramente sperimentabile attraverso la carne e l’umanità di ogni battezzato.

«Pensavo di incontrare Gesù nel Santo Sepolcro, oppure a Nazaret nella casa di Maria, oppure a Betlemme vicino alla mangiatoria – prosegue – e inaspettatamente l’ho incontrato in un sorriso, in un volto. Attraverso lo sguardo di un ragazzo che neppure sapeva della mia esistenza e della mia storia».

Cosa sarebbe la Terra Santa senza più cristiani? Basterebbero quelle pietre, quei santuari, quegli edifici di culto per incontrare il Signore Gesù Salvatore dell’uomo? Cosa sarebbe la Terra Santa senza le sue «pietre vive»? Oggi, come duemila anni fa, l’incontro con il Signore Gesù avviene attraverso uno sguardo, una parola, una visita o un abbraccio di una portata eccezionale tale da cambiarti, per sempre, la vita. Nel pellegrinaggio come nella vita occorre avere sempre uno sguardo semplice, capace di riconoscere il passaggio «carnale» del Risorto accanto a noi.

Prima di salutarci, Giuseppe mi abbraccia e, con volto sereno, mi dice: «Ti chiedo solo una preghiera: che io possa dire il Padre nostro fino all’ultimo istante della mia vita».

(* Commissario di Terra Santa per il Nord Italia)

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