Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

Luce sui miei passi è la Tua Parola

fra Francesco Ielpo *
3 gennaio 2020
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Luce sui miei passi è la Tua Parola
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Sacrificio d’Isacco, 1598, olio su tela. Già collezione privata Piasecka-Johnson, Princeton (Usa).

Sulle grandi vie di pellegrinaggio europee il pellegrino a piedi è accompagnato da frecce e segnali che gli indicano il senso e la direzione dei suoi passi. Così è la Parola di Dio, che illumina la via verso la meta della nostra vita.


Chi ha provato a percorrere il Cammino di Santiago si è accorto della costante e chiara segnaletica posta lungo tutto l’itinerario.

Ad ogni incrocio, svincolo o diramazione si trova una colonnina in pietra con raffigurata una conchiglia e sotto una freccia che indica la direzione. Difficilmente si può perdere la strada giusta poiché, passo dopo passo, si può sempre trovare e riconoscere un’indicazione di senso da percorrere. Può capitare di essere condotti su sentieri che apparentemente sembrano deviare dal percorso più breve per raggiungere la meta. Altre volte può capitare di avere il dubbio d’essere sulla strada sbagliata.

Quelle frecce, in riferimento alla meta, indicano con certezza la direzione da seguire. Tutte le volte che ripenso a quelle indicazioni, di cui è costellato il Cammino, immancabilmente ripercorro la mia vita e capisco sempre più come il pellegrinaggio sia davvero metafora dell’esistenza umana, anche nell’uso degli stessi termini.

Infatti, se apriamo il vocabolario alla parola meta troviamo «punto d’arrivo, traguardo, fine, termine» e, in senso figurato, «scopo, destinazione, obiettivo, proposito, intento, mira, aspirazione, sogno, progetto, ideale». Tutti sappiamo per esperienza che senza uno scopo, un fine o un sogno la nostra vita perde di entusiasmo, motivazione e interesse. Tuttavia, nel percorrere la strada verso la nostra aspirazione ultima (in fondo la felicità) ci imbattiamo in circostanze di cui non comprendiamo il senso.

Cioè non ne comprendiamo il nesso con la meta; anzi addirittura, a volte, sembrano in totale contraddizione con il sogno della nostra vita. Ci domandiamo: «Che senso ha questo fatto? Questo dolore? Ma anche questa gioia immensa che vorrei non finisse mai?». Può capitare che la strada imboccata dalla vita non sembri corrispondere al percorso più breve o meno faticoso per giungere alla meta.

Altre volte si ha la sensazione di essere smarriti o con il dubbio di non essere più sulla retta via.

Ricordo che in occasione della mia prima professione dei voti, dopo il noviziato, mi regalarono la Bibbia di Gerusalemme con una dedica: «La Parola di Dio illumini sempre il tuo cammino» (cfr. Salmo 119,105). L’immagine è quella di un pellegrino, di notte, al buio, che per trovare la via, il sentiero, per non smarrirsi ha bisogno di una lampada. Necessita di una luce per intravedere la segnaletica, le frecce e la direzione verso la meta. In altre parole, necessita di dare un senso all’esistenza.

Pensiamo al nostro padre nella fede Abramo, il primo pellegrino della storia di salvezza. Si fida di Dio, lascia la sua terra e si incammina verso un luogo che lo stesso Dio gli rivelerà e che quindi ancora non conosce. Dio gli promette, più volte, una discendenza numerosa come le stelle del cielo o la sabbia del mare. E, quando ormai non c’è più nessuna possibilità umana, sua moglie Sara partorisce il figlio Isacco, segno concreto della fedeltà di Dio alle sue promesse. La meta, lo scopo e il compimento della vita stanno tutte nella promessa di una discendenza. Eppure, ad un certo punto, inaspettatamente «dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: “Abramo, Abramo!”. Rispose: “Eccomi!”.

Riprese: “Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò”» (Genesi 22, 1-2).

Forte ed insopprimibile in ciascuno di noi sorge impetuosa la domanda: «Ma che senso ha tutto questo?». Eppure, continuando il racconto si rimane sbalorditi di fronte alla fede di Abramo che arriva fino ad alzare il coltello sul figlio legato per il sacrificio per poi essere fermato, all’ultimo secondo, da un angelo che gli dice: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio» (Gen 22, 12). Certo, Dio non aveva bisogno di questa prova per sapere che Abramo lo temeva. Al contrario, Abramo, senza questa prova, non avrebbe mai saputo di temere Dio.

Nel cammino della vita abbiamo bisogno della Parola di Dio per cogliere il nesso tra quello che stiamo vivendo e il destino ultimo; per cogliere il senso di tutte le vicende della vita. Il pellegrinaggio in genere, e quello in Terra Santa in particolare, è un’occasione privilegiata per imparare a camminare con la Parola di Dio e, soprattutto, nella Parola di Dio ad ogni incrocio, svincolo o diramazione della vita.

(* Commissario di Terra Santa per il Nord Italia)

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