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Holy Land Coordination, vescovi a caccia di speranza

Beatrice Guarrera
16 gennaio 2020
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Si è conclusa quest'oggi, 16 gennaio, a Gerusalemme l'annuale visita di una delegazione di vescovi nordamericani ed europei in Terra Santa. In ascolto delle esperienze locali, per farsi eco della richiesta di giustizia e sicurezza.


«La voce della gente della Terra Santa non può essere ignorata»: con questo appello i vescovi della Holy Land Coordination concludono il loro viaggio nella regione. L’annuale visita della delegazione di presuli europei e nordamericani si è svolta quest’anno dall’11 al 16 gennaio e si è focalizzata sulla situazione dei cristiani di Gaza, Ramallah e Gerusalemme Est. L’iniziativa nacque vent’anni fa, quando la Santa Sede diede impulso a questo Coordinamento Terra Santa con l’obiettivo di visitare e sostenere le comunità cristiane locali.

Un richiamo ai governi

In coda al viaggio di quest’anno, il comunicato finale, pubblicato oggi, ha molti toni forti: «Imploriamo i nostri governi di contribuire a costruire una nuova soluzione politica radicata nella dignità umana per tutti». L’invito ai propri Paesi di provenienza (Stati membri dell’Unione Europea, Usa e Canada) è quello di adottare alcune misure: «Insistere nell’applicazione del diritto internazionale; seguire l’esempio della Santa Sede nel riconoscere lo Stato della Palestina; tener presenti le esigenze di sicurezza di Israele e il diritto di tutti a vivere sicuri; rifiutare il sostegno politico o economico agli insediamenti e contrastare risolutamente atti di violenza o violazioni dei diritti umani da parte di chiunque».

Parole che giungono al termine di quasi una settimana di incontri con le comunità locali, i giovani e le istituzioni religiose: dalla parrocchia latina di Gaza il 12 gennaio, all’asilo delle suore comboniane di Betania il 14 gennaio, fino alla scuola del Patriarcato latino a Ramallah (in Cisgiordania), il 15 gennaio.

A Gaza e a Gerusalemme Est

«Per la piccola comunità di Gaza credo che sia molto importante sapere che i cristiani nel mondo pensano a loro – ha spiegato padre Mark Madden, segretario generale della Holy Land Coordination –. La nostra visita mostra alle persone che non sono state dimenticate. Pensiamo a loro ogni giorno e cerchiamo i modi per supportarli». Ed è stato proprio l’incontro con i giovani di Gaza il momento più toccante del viaggio, secondo il segretario generale della Holy Land Coordination: «Ognuno di loro vuole una vita più degna per migliorare la comunità in cui vive. La speranza li fa andare avanti – ha detto –. Li abbiamo sentiti dire che vogliono diventare insegnanti o medici, tutte professionalità di un certo livello. Dicono che vogliono fare la differenza nella società in cui vivono ed è incredibile perché non incontriamo spesso persone così nei nostri Paesi. È questa la lezione che ci ha dato la gente di Gaza: tra disperazione, persecuzioni e sofferenze, sono luci meravigliose nel mondo, sono un esempio per noi perché si possa sempre mantenere accesa la fiamma della speranza».

Padre Madden è rimasto colpito anche dalla situazione dei cristiani di Gerusalemme Est e dalle problematiche create dal muro di separazione tra Israele e Palestina. Ne è un esempio il convento delle suore comboniane a Betania. Durante la visita del 14 gennaio le religiose hanno raccontato ai vescovi le loro difficoltà quotidiane, sorte in seguito alla costruzione della barriera. Il muro si è insinuato nel convento e nella scuola, tagliando fuori tanti bambini che frequentavano l’istituto. Se per un periodo era stato aperto un ingresso nel muro per far passare i bambini, e sembrava essere in atto un negoziato proficuo, oggi la situazione non è migliorata. Il varco nel muro è rimasto chiuso e proprio a ridosso del cortile dove giocano i bambini dell’asilo, ai piedi del muro, arrivano continuamente bottiglie molotov ed esplosivi. Molti palestinesi provano a scavalcare e la tensione con i militari israeliani rimane sempre alta. Una condizione tanto drammatica non impedisce alle suore di portare avanti il loro servizio e la loro testimonianza nella scuola, che conta oggi circa quaranta bambini.

La situazione va peggiorando

A distanza di dieci anni dalla prima visita alle suore comboniane a Betania, i vescovi della Holy Land Coordination hanno potuto rendersi conto del progressivo peggioramento della situazione. Lo ha affermato mons. William Kenney, vescovo ausiliare di Birmingham, che ha partecipato a tutte le visite in questi vent’anni, eccetto che nel 2003. «Ogni volta che vengo quaggiù, torno a casa meno speranzoso. La situazione sembra peggiorare anno dopo anno. In Terra Santa la Chiesa in Terra Santa può fare quello che fa in tutto il mondo – osserva mons. Kenney –. Ho notato questa differenza in Inghilterra: le persone che arrivano da fuori e sono cattoliche hanno almeno un sostegno in più. E così avviene in tutto il mondo». La Chiesa può anche provvedere all’istruzione, come sta già facendo. Da parte sua, l’ecclesiastico inglese spiega che per supportare la Terra Santa dall’Inghilterra sono aumentati molto i pellegrinaggi. «Vogliamo dare il nostro appoggio anche con la preghiera – ha concluso –. Al rientro a Londra parleremo con l’ambasciatore israeliano».

Sete di speranza

Monsignor Rodolfo Cetoloni, vescovo di Grosseto, ha partecipato alla visita della Holy Land Coordination in rappresentanza della Conferenza episcopale italiana per il terzo anno consecutivo. «Quest’anno approfondiamo molto l’aspetto dell’educazione con le visite a Gaza, Betania, Ramallah e mi sembra molto interessante – ha affermato –. Bisogna seminare speranza, con realismo e con coraggio, e bisogna che gli adulti diano un messaggio ai giovani per il dialogo e la solidarietà. L’operato della Custodia di Terra Santa e del Patriarcato latino di Gerusalemme in questo ambito è importante, perché in questo torpore di sfiducia bisogna seminare speranza nei giovani».

«I cristiani di Terra Santa sono nostri fratelli e sorelle – ha concluso padre Mark Madden –. Quello che riguarda loro, riguarda anche noi ed è nostra responsabilità sostenerli».

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