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Natale a Betlemme, da Gaza nessuno

Terrasanta.net
13 dicembre 2019
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Natale a Betlemme, da Gaza nessuno
Cristiani greco-ortodossi nella chiesa di San Porfirio a Gaza City il 7 gennaio 2018. (foto Wissam Nassar/Flash90)

Manca poco all'inizio della lunga stagione natalizia a Betlemme e le autorità israeliane sembrano determinate a non rilasciare permessi di viaggio ai cristiani palestinesi della Striscia di Gaza. Tra i turisti e i pellegrini nella città del piccolo Gesù loro non ci saranno.


(c.l.) – Due volte l’anno, a Natale e a Pasqua, il Cogat – organismo del ministero della Difesa israeliano che coordina le attività governative nei Territori palestinesi sotto occupazione – rilascia delle autorizzazioni che consentono a un certo numero di abitanti di Gaza di uscire ed incontrare i parenti che vivono fuori dalla Striscia e trascorrere qualche giorno di vacanza insieme.

Secondo l’agenzia di stampa americana Reuters, ieri – 12 dicermbre – un portavoce di Cogat ha annunciato che stavolta i cristiani di Gaza non potranno recarsi in Israele e nella Cisgiordania. Non saranno quindi in grado di visitare città come Betlemme, Gerusalemme o Nazaret.

La delusione tra i fedeli di Gaza è grande. Proprio in questi giorni, come ogni anno, l’amministratore apostolico del Patriarcato latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa, è in visita alla parrocchia cattolica della Sacra Famiglia a Gaza City per dare un po’ di sollievo ai cuori. L’anno scorso lo Stato ebraico annunciò il rilascio di 500 permessi ai cristiani gazawi. È molto probabile che i leader cristiani di Terra Santa vogliano fare appello alle autorità israeliane affinché modifichino la decisione annunciata ieri.

Restrizioni confermate

In altre occasioni, in passato, Israele ha già limitato i movimenti al di fuori della Striscia di Gaza, controllata da Hamas, e ha spesso difeso la sua politica di contenimento dei permessi per gli abitanti di Gaza che viaggiano in Cisgiordania. La ragione sarebbe che molti beneficiari di queste autorizzazioni restano illegalmente fuori dalla Striscia dopo la scadenza del permesso (che di solito dura un mese).

Come deterrente, le autorizzazioni vengono abitualmente rilasciate solo a determinate fasce d’età, oppure solo ad alcuni componenti di un nucleo familiare. Ad esempio, solo al padre, ma non anche alla madre e ai figli. Il che, non di rado, induce molti a rinunciare.

Nell’enclave palestinese nel corso dell’ultimo anno sono state organizzate settimanalmente manifestazioni denominate Grande marcia del ritorno, duramente contrastate dall’esercito israeliano lungo i reticolati al confine. Nella Striscia oggi i cristiani sono solo un migliaio – per lo più greco-ortodossi (circa 800) con un piccolo gregge di un centinaio di cattolici – su due milioni di abitanti musulmani.

E verso l’estero?

Il portavoce del Cogat ha precisato che, in ossequio alle «necessarie misure di sicurezza», un certo numero di gazawi potrà viaggiare verso l’estero attraversando il valico di frontiera con la Giordania al ponte di Allenby (a nord-est di Gerico, in Cisgiordania). A questo scopo è stato annunciato il rilascio di 100 permessi per i residenti cristiani di Gaza che vogliono viaggiare all’estero oltre a 200 permessi per i cristiani gazawi che, vivendo all’estero, vogliono recarsi nell’enclave in visita ai parenti.

Secondo Gisha, un gruppo israeliano per i diritti umani, «solo i cristiani di età superiore ai 45 anni possono aspirare a un permesso di viaggio all’estero, quindi le famiglie di Gaza che vorrebbero viaggiare insieme per le vacanze non potranno farlo». Per Gisha tutto ciò si inquadra nella politica israeliana che mira a creare sempre maggiore distanza e separazione tra i Territori palestinesi di Cisgiordani e della Striscia di Gaza.

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