(g.s.) – In questa località nei Territori palestinesi di Cisgiordania, situata a nord-ovest di Nablus, è in corso da anni un intervento di valorizzazione del patrimonio archeologico e di rilancio turistico. Un impegno per Sebastia al quale contribuisce in modo determinante anche Ats pro Terra Sancta, l’ong dei francescani.
Sebastia è stata «un crocevia di popoli, culture, religioni. Un punto di snodo nei traffici tra il Mediterraneo e la Transgiordania», spiega Osama Hamdan, professore di tecnica del restauro presso l’Università Al Quds di Gerusalemme e profondo conoscitore del patrimonio culturale palestinese. «Qui certamente c’è storia ebraica, nessuno lo può negare – continua Hamdan –. Ma in questa piccola porzione di Samaria, in tremila anni di storia, si sono succeduti popoli e civiltà. Sebastia è stata la capitale del regno israelitico del Nord per 200 anni… Non possiamo dire, però, che sia stata una città solamente ebraica. Fu anche città dei fenici, dei greci, degli ebrei, dei romani… Una città aperta. Oggi, ne sono convinto, la sua storia appartiene al territorio e alla gente che vi abita, indipendentemente dalla religione e dall’appartenenza al popolo ebraico e al popolo palestinese».
A questo e ad altri siti mediorientali – più o meno contesi, più o meno minacciati – è dedicato il Dossier del numero di gennaio-febbraio 2020 della rivista Terrasanta.