Durante un’operazione a Gaza nella notte tra lunedì e martedì 11 e 12 novembre, le forze speciali israeliane hanno ucciso Baha Abu al-Atta, comandante del gruppo armato del Jihad islamico palestinese per la Striscia di Gaza settentrionale. L’uomo aveva pianificato di orchestrare nuovi attacchi terroristici sul territorio israeliano «nel prossimo futuro», ha detto il primo ministro israeliano uscente Benjamin Netanyahu.
Il presidente Reuven Rivlin ha espresso il suo sostegno alle forze di sicurezza israeliane che hanno lavorato «per il successo dell’operazione» che ha per «obiettivo la sicurezza» del Paese.
In risposta, il leader politico del Jihad islamico a Gaza, Ziad Nahale, ha annunciato che vuole «vendicare» la morte del suo comandante. Per ora, il movimento Hamas, che controlla l’enclave palestinese, sembra tenersi fuori dai combattimenti.
Da martedì, 250 missili sono stati lanciati contro Israele. Diverse dozzine sono state intercettate dai sistemi antimissilistici israeliani, ma le sirene d’allarme hanno suonato ripetutamente nel sud di Israele e a Tel Aviv.
Questa mattina, l’aeronautica israeliana ha continuato a colpire diverse posizioni della Jihad islamica a Gaza, dove sono stati uccisi due palestinesi, dopo il nuovo lancio di un razzo dall’enclave palestinese. Un rapporto diffuso a metà mattinata afferma che sono 21 i palestinesi uccisi dall’inizio delle operazioni, secondo il ministero della Sanità di Gaza.
Questa mattina, le forze armate israeliane hanno anche dispiegato i loro carri armati vicino al confine con la Striscia di Gaza, secondo quanto riferiscono i dispacci d’agenzia.
L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente dovrebbe recarsi al Cairo, in Egitto, per negoziare un cessate il fuoco. Gli egiziani godono di una forte influenza su Gaza e mantengono relazioni ufficiali con Israele. Il portavoce del Jihad islamico palestinese Musab al-Breim ha già affermato che non è «appropriato» discutere gli sforzi per porre fine alle crescenti tensioni.
L’impatto sulla politica israeliana
In un’analisi, Raoul Wootliff, corrispondente parlamentare del quotidiano The Times of Israel, spiega che lo scenario di una riacutizzazione della tensione tra Israele e Gaza potrebbe intralciare i piani di Benny Gantz, il leader centrista del partito Blu e Bianco, incaricato di formare una coalizione di governo dopo le elezioni legislative del 17 settembre e dopo il fallimento del tentativo del premier in carica Benjamin Netanyahu.
L’operazione militare riduce la probabilità della formazione di un governo di minoranza guidato da Gantz, che trarrebbe beneficio dal sostegno esterno dei deputati arabi israeliani nella Knesset. I deputati arabi hanno condannato Israele per l’assassinio mirato a Gaza.
È così più difficile far digerire all’elettorato Blu e Bianco e ai possibili alleati del partito nazionalista di destra Avigdor Lieberman (Israel Beitenu). Un’opzione che, si dice, sia stata considerata da Benny Gantz. Il politico ha comunque espresso il suo sostegno all’operazione militare a Gaza.
D’altra parte, secondo qualche analista, gli sviluppi tra Israele e il Jihad islamico nell’enclave palestinese aumentano la possibilità che Benny Gantz e Benjamin Netanyahu accettino, spinti dall’opinione pubblica, di lavorare insieme per attraverso un governo di unità.