(c.l.) – «Caro governo, giù le mani dai nostri piatti!» ha scritto su Twitter il 2 novembre il deputato israeliano Yair Lapid (numero due del partito Blu e Bianco). «Lo Stato non deciderà quello che possiamo o non possiamo mangiare», ha poi aggiunto.
Fino ad oggi, l’importazione di carne tarèf (non kosher) era vietata in Israele, sulla base di una legge sulla carne approvata nel 1994, sotto il governo di Yitzhak Rabin che si piegò alle pressioni di Shas, il partito religioso ultraortodosso, allora membro della coalizione governativa. Tuttavia, per alcuni pezzi di carne suina (petto, interiora, lardo) erano ammesse delle deroghe, così come per i frutti di mare.
Ma i regolamenti sono appena stati modificati e le eccezioni scompariranno. Il 30 ottobre scorso, infatti, il ministero dell’Economia israeliano ha pubblicato un emendamento alle norme sull’importazione di carne di maiale in Israele, subordinandone l’ingresso alla certificazione kosher da parte del Gran rabbinato o di un ente da esso autorizzato.
Un ostacolo alle importazioni
L’iniziativa può sembrare a dir poco disorientante: in base al divieto – stabilito dalle norme religiose ebraiche (cfr Libro di Levitico 11, 7) – di cibarsi della carne di questo quadrupede non ruminante, considerato impuro, dovrebbe essere impossibile per gli alimenti di origine suina ottenere la certificazione del rabbinato. Pertanto, il nuovo regolamento bloccherebbe di fatto qualsiasi importazione di carne di maiale nello Stato ebraico.
Il divieto, firmato dal ministro dell’Economia e dell’industria israeliano Eli Cohen, entrerà in vigore nel dicembre 2019. Il governo, che ha varato questa misura, è quello del primo ministro uscente Benjamin Netanyahu. I partiti religiosi ultra-ortodossi Shas e YaHadout HaTorah sono due partner chiave della coalizione. Questo, probabilmente, basta a spiegare la recente misura. Come lascia intendere Yair Lapid su Twitter, si deve tuttavia supporre che il regolamento possa essere abrogato da un nuovo governo di coalizione, di impronta più laica.
Secondo i dati riferiti dal canale televisivo Keshet 12, riportati anche da The Times of Israel, tra il 2013 e il 2015 sono state importate in Israele 295 tonnellate di carne di maiale e di lardo. Ciò si deve soprattutto al fabbisogno della comunità di immigrati dai Paesi dell’ex Unione Sovietica (molti dei quali sono laici) trasferitisi in quest’angolo di Medio Oriente negli anni Novanta.
Verso una lievitazione dei prezzi?
Con i nuovi regolamenti, coloro che desiderano continuare a mangiare carne di maiale (ebrei non praticanti, cristiani arabi, ecc.) dovranno fare affidamento sul maiale prodotto localmente, che potrebbe diventare molto più costoso per le ricadute prodotte dalle nuove norme sul mercato.
Si noti che la legislazione israeliana proibisce, in via di massima, l’allevamento di suini domestici sin dal 1962. Di fatto, vi sono delle eccezioni, in particolare per gli istituti di ricerca scientifica, i giardini zoologici, gli agricoltori nella maggior nelle zone arabo-cristiane, soprattutto nella parte settentrionale di Israele, come a Nazaret, Kfar-Yassin o Aablin. La legge del 1994 autorizza anche la vendita di carne di maiale nei supermercati e nei ristoranti.
Secondo Chiourim – un sito di studio della Torah che propone anche pagine di notizie – oltre il 65 per cento della popolazione ebraica israeliana osserva, almeno in una certa misura, i requisiti rituali previsti dalla Kasherut (le norme religiose che stabiliscono gli alimenti leciti). Quasi un milione di musulmani si procurano cibo kosher per soddisfare i requisiti della dieta halal (cioè conforme ai precetti religiosi islamici).