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È la «manina» del nemico che agita le piazze?

Fulvio Scaglione
8 novembre 2019
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L'Iran avverte il peso delle sanzioni decise dal governo degli Stati Uniti e si sente accerchiato dalle manifestazioni di piazza che si moltiplicano nei Paesi vicini...


«I popoli di questi Paesi (Iraq e Libano – nda) dovrebbero tener presente che il nemico sta cercando di fare il vuoto distruggendo le strutture istituzionali». Così il 30 ottobre scorso parlò Alì Khamenei, guida suprema della Repubblica islamica dell’Iran, che aggiunse: «I nemici avevano piani simili per l’Iran, ma per fortuna la nazione vegliava e poté intervenire in tempo». Dopo di lui, sullo stesso tema, sono intervenuti molti esponenti importanti della dirigenza iraniana e sempre per sottolineare la minaccia costituita dall’intervento esterno. Esemplari le considerazioni di Esmail Kowsari, brigadiere generale e vice-comandante delle Guardie della rivoluzione islamica: «In Libano e in Iraq la gente avanza richieste legittime, ma l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti e il regime sionista cercano in ogni modo di deviare e pervertire la legittima protesta».

È una tesi non nuova. Quante volte, e in quante parti del mondo, abbiamo sentito evocare la «manina» del nemico quando il popolo protesta? I dirigenti iraniani non sono i primi né saranno gli ultimi a cimentarsi in questo sport. In questo caso è interessante notare, invece, quanto sia critico il momento per Alì Khamenei e i suoi. Le sanzioni americane più dure di sempre, decise da Donald Trump nel 2017 dopo la disdetta dell’accordo sul nucleare firmato da Barack Obama nel 2015, hanno prodotto nel 2018 una recessione di quasi il 4 per cento, che dovrebbe arrivare al 7 per cento alla fine di quest’anno e investire anche il 2020. Quest’anno il settore petrolifero, spina dorsale dell’economia iraniana, ha fatto segnare un meno 35 per cento che fa paura.

A tutto questo ora sembra aggiungersi il terremoto che investe i Paesi amici o alleati. La Siria, prostrata da anni di guerra violentissima, non riesce a far partire la ricostruzione. L’Iraq è scosso dalle proteste e il premier sciita Adel Abdul Mahdi ha offerto le dimissioni. Il Libano ha fatto anche di più, perché il premier sunnita Saad Hariri si è davvero dimesso, contro il parere degli sciiti di Hezbollah.

Sono a rischio, insomma, i notevoli risultati che l’Iran negli ultimi anni aveva raggiunto quanto a espansione della propria influenza in Medio Oriente. E forse, nelle parole della Guida suprema, c’è un altro sospetto. E cioè, che le proteste possano allargarsi anche alla «casa madre», cioè all’Iran stesso, che peraltro negli anni scorsi ha già vissuto l’esperienza del malcontento popolare.

Può anche darsi che dietro tutto questo ci sia l’azione di Paesi che avversano l’Iran e la sua politica estera. Nondimeno, l’insoddisfazione dei giovani iraniani (il 40 per cento della popolazione ha meno di 24 anni), libanesi (under 24 anche qui intorno al 40 per cento) e iracheni (qui, invece, siamo quasi al 50 per cento) affonda in radici comuni che si chiamano disoccupazione, inefficienza, corruzione. Affrontare questi problemi non sarebbe il modo migliore per neutralizzare anche le influenze esterne?


 

Perché Babylon

Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.

Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com

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