Nella notte tra il 28 e il 29 novembre, alcuni coloni israeliani sono penetrati nel villaggio cristiano di Taybeh – a nord di Ramallah, nei Territori palestinesi di Cisgiordania – e hanno tracciato sui muri dei graffiti con slogan a favore di un avamposto illegale, probabile premessa all’espandersi del vicino insediamento di Yitzhar.
Nei villaggi vicini di Deir Ammar e Sawiya la stessa notte le carrozzerie di alcune autovetture sono state imbrattate con stelle di Davide e gli pneumatici sono stati squarciati. I malviventi hanno preso di mira anche una trentina d’ulivi, danneggiandoli.
Dato che l’incursione ha preso di mira una comunità di cristiani ove ha sede anche una parrocchia cattolica, il Patriarcato latino di Gerusalemme quest’oggi ha espresso la propria costernazione con un comunicato ufficiale nel quale si legge: «Condanniamo fermamente questi atti di vandalismo razzista ed esortiamo le autorità israeliane ad indagare a fondo questi crimini d’odio, così da condurre al più presto davanti ai giudici i responsabili e coloro che li aizzano».
Una richiesta che si ripete ogni volta che si ripropone questo genere di incidenti, ma che di solito resta priva di effetti: nessun colono è finora stato arrestato per questo genere di danneggiamenti.
Il comunicato della curia patriarcale ricorda che solo il giorno prima «decine di vetture erano state danneggiate nella cittadina araba di Jaljoulia (nella regione centrale di Israele) sui cui muri erano apparsi graffiti anti arabi scritti in ebraico». Era la terza volta, nel corso del 2019, che località israeliane a maggioranza arabe subiscono questo tipo di incursioni, generalmente riservate ai villaggi palestinesi in Cisgiordania.
Del resto in questi ultimi mesi, nei Territori si sono moltiplicati gli atti di violenza da parte degli israeliani che vivono negli insediamenti. Non si contano più le auto danneggiate o incendiate e gli ulivi abbattuti poco prima della raccolta del loro frutto tanto prezioso per l’economia locale.