(g.s.) – Un piccolo e variopinto popolo di cristiani evangelici sionisti converge a Gerusalemme da tutto il mondo per la festa ebraica di Sukkot (o dei Tabernacoli, o delle Capanne, che fa memoria dei quarant’anni trascorsi dagli israeliti nel deserto dopo l’esodo dall’Egitto). Anche in questi giorni sono in città, come ogni anno, per esprimere sostegno allo Stato ebraico, rispondendo all’invito dell’Ambasciata cristiana internazionale di Gerusalemme (Icej), il loro ufficio di coordinamento e rappresentanza sul suolo di Israele.
Ieri, 17 ottobre 2019, alcune migliaia di persone, in varie fogge, hanno sfilato festose per le vie della città, con bandiere, striscioni, strumenti musicali e sorrisi aperti.
Non tutti, sul posto, condividono il loro entusiasmo. Le Chiese di Terra Santa sono meno acritiche rispetto alle ricadute storiche, sociali, giuridiche ed economiche di certe politiche israeliane. Anche tra i rabbini, taluni restano guardinghi. L’amore per Israele di questi sionisti – osservano – non sarebbe genuino: sostiene lo Stato ebraico solo in ossequio a una prospettiva escatologica secondo la quale la restaurazione piena del potere statuale ebraico sulla Terra promessa affretterà la fine dei tempi e il ritorno del Messia, Gesù, al quale tutti i popoli (ebrei inclusi) finalmente aderiranno.